Birraio emigrante
“Son nascest… beh, continuo in italiano. Son nato nel marzo ‘39 a Pezzol di Vellai di Feltre, nell’ultima casa colonica ai confini con Busche Bus alla cui stazione si andava e veniva con il treno, anche durante la guerra, quando non riuscirono a centrare con le bombe il Pont della Viera. Papà, Giuseppe Roncen, fu richiamato ed è rimasto nel Sacrario di Cristo Re a Messina, mentre la mamma, Maria Bordin da i Bosch di Villabruna, andò a lavorare per mantenermi in collegio a Feltre, perché la pensione di orfano e di vedova di guerra era davvero insufficiente.
Con sani e santi sacrifici potei frequentare l’avviamento industriale al Rizzarda di Feltre. Il futuro prevedeva per chi come me doversi cercar un lavoro, quasi sempre fuori, e quale? Il destino volle che nel frattempo l’ing. Mario Luciani, della Birra Pedavena, realizzasse un corso di specializzazione professionale per Birrai Maltatori, allo scopo di “dare” una specializzazione ai giovani che, pur obbligati ad emigrare, potessero accedere ad un impiego qualificato. Venne quindi il giugno del 1957, quando venni assunto dalla Birra Italia di Milano, dove emigrai.
Economicamente me la cavavo appena, perché già allora Milano era cara, però grande occasione per il futuro. Approfittai per frequentare corsi serali in varie discipline e conseguii alfine il diploma di ragioniere. Nel frattempo ricordo con piacere d’aver frequentato non pochi bellunesi, specie periti minerari dell’Agordino, con i quali ci facevamo compagnia nella grande città. Il primo salto di carriera lo feci nel ‘61, quale funzionario dell’importante acciaieria svedese Sandwik Italia di Milano, per la quale visitai tutte le aziende alimentari, farmaceutiche e dolciarie allora in Italia. E qui ricordo ancora la gioia di trovare amici, ex compagni della scuola birrai qualificati a Pedavena, in tante città sedi di fabbriche di birra, tra le quali Trieste, Udine, Torino, Genova, Firenze, Varese, Bergamo, Brescia, Padova, Vilpiano (BZ).
Poi un giorno, mentre attraversavo la Galleria di Milano, incontrai l’ing. Giovanni Luciani, il quale, meravigliandosi che un birraio di Pedavena fosse “ fuori dalla birra”, mi propose subito di “rientrare” e far parte del gruppetto di fondatori della nuova Fabbrica Birra Dreher a Massafra di Taranto. Non ci volle molto a convincermi, perché fuori dalla birra mi sentivo un “pesce fuor d’acqua”, e andai un anno alla Dreher a Trieste e poi a Pedavena per il trening (…). Fortunatamente conobbi, poco prima di lasciare Milano, Franca, una ragazza di Cremona, con la quale ci sposammo nel febbraio ‘62 e come viaggio di nozze prendemmo il treno cuccette a Venezia, dopo aver salutato la mamma, per Bari, poi Taranto. La costruzione della fabbrica era agli inizi; due anni furono dedicati alla finitura e messa in funzione e, finalmente, nel ’64, venne l’on. Colombo per l’inaugurazione.Taranto era allora salubre e stimolante; noi provenienti dal Nord eravamo ben visti, rispettati e graditi ed i tarantini ci facevano sentire importanti, a prescindere dalla nostra giovanissima età. Anche a noi piaceva molto quel mondo così veramente diverso per cultura, rapporti umani e, direi, soprattutto per abitudini, sapori e colori tipici. Era proprio bello “emigrare “ in Puglia, lontano dalle nebbie lombarde. Avemmo due figli, per i quali il cognome non lasciava dubbio circa la provenienza veneta che, debbo dire, faceva gioco nelle situazioni locali. Dopo dieci anni, verso il 1972, tutte le aziende birra-acque della famiglia Luciani di Pedavena vennero unificate in una unica Dreher spa, con sede a Milano, e colà venni trasferito. Trovammo casa a Monza, dove vivo tuttora, ma, dopo la cessione definitiva della Dreher alla Heineken Olandese, passai come Comptroller delle Consociate presso un’azienda del Varesotto, che operava nella fabbricazione di impianti e macchinari per fornaci. Il lavoro comportava continue trasferte nel nord della Francia, in Belgio ed in Brasile e mi dava l’occasione anche di visitare birrerie locali (quando s’è birrai una volta lo si è per sempre). Sostanzialmente però mi tornava la sensazione d’essere ritornato un “pesce fuor d’acqua”. Fortunatamente la birra Moretti di Udine stava cercando il nuovo direttore per la Moretti Sud a Popoli (Pescara) e ben volentieri mi trasferii con famiglia alle sorgenti del Pescara.
Anche dell’Abruzzo abbiamo un gran bel nostalgico ricordo. L’attività per una medio-piccola azienda era però precaria ed avvenne il “miracolo “ che l’Heineken Italia acquistò la Moretti Sud e mi ritrasferii a Milano, responsabile del Servizio Approvvigionamenti. Stetti a Milano, rientrando a Monza con la famiglia, sino al ’92, ed a seguito della ristrutturazione europea del Gruppo Heineken, andai in Olanda quale Purchasing Manager della Heineken Corporate nv., con competenza e frequenti viaggi in tutte le consociate europee: Francia, Spagna, Grecia, e Far-est (Singapore, Malesia, Vietnam) (…).
Nel 1995 terminò il mio impegno in Olanda e rientrai per gli ultimi quattro anni in Italia occupandomi a Macomer in Sardegna alla sistemazione della ex Dreher, dove diversi da Feltre hanno lavorato e quindi da pensionato rientrai a Monza, impegnandomi in varie attività di volontariato e, da buon feltrino, in camminate in montagna. Nei primi anni 2000, restai purtroppo vedovo. All’inizio del 2006, altro accadimento incredibile: incontrai a Milano Francesca, signora vedova emigrata giovane da Pedavena, mai conosciuta prima. Con gioia di figli e parenti e grande meraviglia di sacerdoti locali, per l’inusuale età dei coniugi, convolammo a regolari nozze, in ottemperanza alla formazione adolescenziale ricevuta nel Feltrino. E così, come dice il finale della storiella: “nozze e nozzette, / Piero candelete,/ I se tira an os te la schena, / E i e ancora là che i se remena”. Steme ben”
Valerio Roncen