Il caregheta vagabondo

A lavorare iniziai a tredici anni, facevo il contadino, ma siccome mio padre si teneva tutti i soldi, dopo due anni dissi basta. Venne a casa mia una persona di Gosaldo e mi chiese se volessi andare con lui a fare il caregheta. Gli risposi subito di sì. Mio padre firmò il contratto e andai via per cinque mesi.

Il caregheta mi pagò il doppio rispetto a quanto pattuito, perché ero stato bravo. Rimasi un po’ a casa e poi ottenni il contratto per andare in Francia, a fare ancora il caregheta, questa volta con mio fratello, vent’anni più vecchio di me. Dopo due anni di lavoro gli chiesi un aumento della paga, ma lui replicò che mi dava il salario degli stranieri: «Non se ne parla di aumenti», fu la sua risposta.  

Mio fratello venne a sapere che ero lì e mi mandò i gendarmi, così dovetti far ritorno a casa.  

Allora rientrai in Italia, raccolsi i miei attrezzi e tornai in Francia a fare il caregheta per conto mio. Lavorai tre anni nel Département de l’Aveyron. Dopo un po’, però, mio fratello venne a sapere che ero lì e mi mandò i gendarmi, così dovetti far ritorno a casa.  

Rimasi un’estate, poi in autunno mio cugino mi chiese di accompagnarlo in Toscana, a Castellina in Chianti.  
Il vino era buonissimo e mandavo le lettere a mia moglie timbrandole con il bicchiere.  
Restammo per quatto o cinque mesi. In una famiglia costruimmo dodici sedie. Quando videro quelle che avevo fatto io rimasero colpiti. C’erano due fratelli, presero una sedia ciascuno e girarono tutto il paese per farle vedere, da quanto erano belle. E così tutti iniziarono a volerle. 

Poi mi venne offerto un lavoro in galleria a Belluno e così per due anni andai a fare il minatore. 
Successivamente mi trasferii in Svizzera, nel Canton Vallese, sempre in galleria. Ma questa era piena d’acqua e gli stivali che mi diedero erano tutti bucati. Cambiai lavoro. 

Qualche sedia l’ho fatta ancora, soprattutto da mandare in Svizzera.

Andai a Neuchâtel a cercare impiego come muratore, visto che di sera avevo frequentato la scuola per muratori.  
Trovai occupazione e rimasi due o tre anni. Stavo bene. Al termine del contratto, rientrai in Italia per un po’ di tempo, per poi tornare nel Vallese, sempre a fare il muratore, per altri tre anni.

Lavorai anche a Milano e a Lodi, per cinque anni, e al Brennero a costruire l’autostrada. Lassù mi trovai benissimo, anche se sgobbavo dodici ore di notte.  

Poi la salute mi impose di tornare a casa e fare domanda di pensione. Ma qualche sedia l’ho fatta ancora, soprattutto da mandare in Svizzera. E quelle che ho fatto per me, dopo sessant’anni sono ancora perfette.

Giovanni Stramare

Giovanni Stramare
Giovanni in posa con una sedia da lui realizzata

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