Santa Barbara in Nuova Zelanda
Andai in Nuova Zelanda nel 1971, a lavorare per la Codelfa Cogefar al Tongariro Project. Lavoravo nelle gallerie. Avevo appena compiuto ventun anni, era la mia prima esperienza di emigrazione. Salire sull’aereo e fare quel lungo viaggio non fu facile, ma fu un’esperienza importante. Il tragitto fu lunghissimo: Roma, Bombay, Singapore, Sydney, Auckland. Viaggiai col DC-8.
Nei primi mesi fu un po’ dura con la lingua, era difficile comunicare, ma poi mi ambientai. Gli altri italiani che erano lì da prima di me mi aiutarono sempre. Eravamo soliti festeggiare, a dicembre di ogni anno, Santa Barbara. La tradizione iniziò nel 1967. Ricordo che un anno partecipò anche il Presidente della Nuova Zelanda alla cerimonia.
In quel cantiere lavoravano moltissimi bellunesi, da tutta la provincia, e a Santa Barbara era sempre grande festa, sia per noi che per i locali e per i lavoratori di altri Paesi. Veniva celebrata la Messa sul portale della galleria e poi, dato che lì in quel periodo è estate, si facevano delle grigliate con cibo italiano e vino Valpolicella.
Rimasi fino al dicembre del 1981, dieci anni e otto mesi. In tutto questo periodo tornai a casa solo due volte. Il viaggio era molto costoso, e poi lì stavo bene. Non avevo comunque nostalgia, non c’era tempo per averla.
Lavoravamo tra le undici e le dodici ore al giorno. Per comunicare con la famiglia spedivo delle lettere e telefonavo una volta all’anno. La prima chiamata a casa l’avrò fatta nel ‘78 o nel ‘79. Anche mio fratello lavorava lì, faceva il cuoco.
Dopo l’esperienza in Nuova Zelanda andai in Nigeria, dal 1982 al 1990. Poi rientrai in Italia fino alla pensione. Sono tornato in Nuova Zelanda nel 2013, ma non era più la stessa di quando ero lì a lavorare.
Ruggero Bortoluzzi