Giovanni ed Emilia Battistel

Francia, l’entrata della miniera: mio padre è il primo in a sinistra
Francia, l’entrata della miniera: mio padre è il primo in a sinistra

Mi chiamo Rosalia Battistel, figlia di Giovanni Battistel, classe 1912, e di Emilia Bellotto, classe 1918. Con l’aiuto di mia sorella Mery, desidero raccontare la vita dei miei genitori.

Nel 1937 i miei genitori si sposano e nasce mia sorella Mery. Mio padre faceva il falegname e aiutava mia nonna nei campi. Lavorò per un periodo nelle gallerie che scavava la “tot”; finito, decise di andare a Milano alla Pirelli, e mia madre nello stabilimento di panettoni Alemagna, mentre mia sorella Mery rimase con la nonna.

Allo scoppio della guerra, fu chiamato alle armi e partì per il fronte: Grecia, Albania, Libia, Jugoslavia. Come tutti i combattenti soffrì molto nelle trincee, freddo, fame, il terrore dei bombardamenti. Ritornò con la malaria.

Mamma e papà (7/04/1940)
Mamma e papà (7/04/1940)

In paese la vita andava avanti, tanta paura, soldi non ce n’erano. Mia sorella andava a scuola, e il pomeriggio aiutava la mamma a lavorare a maglia per avere in cambio un po’ di farina e fagioli per mangiare: “Ero piccola – dice mia sorella – ma questi ricordi non si dimenticano! La mia infanzia è stata privata di tutto, ma eravamo felici lo stesso!”.

Quando mio padre tornò dal fronte, era molto provato e nessuno lo riconobbe. Non potendo egli riprendere il lavoro, mia madre ritornò a Milano come cameriera , mentre mia sorella rimase al paese con mio padre, la nonna, due zie e un cugino che si presero cura di loro. Quando riprese le forze, raggiunse mia madre , sempre con il terrore dei bombardamenti.

Poi arrivarono i soldati americani, si respirava aria di libertà! Ci davano scatole di carne, sul fuoco c’era la calgiera dove i soldati facevano il caffè, mia sorella lo chiamava cioccolato! Ricordo che la nonna prendeva i fondi e li faceva ribollire per fare altro caffè. Mio nonno era partito in America (Pennsylvania) per cercare fortuna, ma tornò più povero di prima. Mia nonna, con quattro figli da sfamare, viveva con il raccolto di due campi.

Intanto mio padre lasciò la Pirelli e ritornò al paese; voleva andare in Belgio dove cercavano operai. Nell’ attesa di una risposta, tagliando della legna per la nonna, si ferì al braccio, così, quando andò alla visita, non lo presero. Sua sorella era in Francia e gli fece sapere che cercavano operai nella miniera di carbone a la Mure. Non aveva il passaporto, ma in paese formarono una squadra fra cui un mio zio, e partirono lo stesso. Al confine attraversarono le montagne a piedi con il gelo e la neve. Arrivati a la Mure, c’era sempre il problema dei documenti; però, grazie a un conoscente, mio padre riuscì ad avere il permesso di soggiorno, così cominciò il lavoro in miniera. Non avendo casa, lo ospitò mia zia. Mia madre e mia sorella arrivarono nel 1947 , lasciando sola la nonna. Mio padre faceva 10 km a piedi per andare e tornare dal lavoro. La prima volta che tornò a casa era così nero dalla polvere di carbone, “che non l’ho neanche riconosciuto!” ricorda mia sorella. Nel 1948 nacque mia sorella Angele. Finalmente nel 1950 circa ci diedero una casa, delle baracche di legno dove nacqui io, Rosalie. Mio padre era più vicino al lavoro, non era più costretto a fare tutta quella strada a piedi. “Mi faceva tanta pena quando partiva al lavoro, era pericoloso e difficile; non so come abbia fatto” ricorda mia sorella!- “20 anni sotto terra!”.Vero: i minatori avevano diritto alla casa, al carbone per il riscaldamento, il medico per tutta la famiglia; bei vantaggi, è vero, ma tutto questo può ricompensare il lavoro duro del minatore?

Nel 1957 nasce mio fratello Jean Jacques, e ci danno un altro alloggio. Quella sì che era una casa!

Purtroppo mio padre, sempre più precario di salute, non potendo lavorare, rimase in invalidità per due anni.

Nel 1963 morì mia nonna, così mio padre andò in Italia. Tornò a casa con un grande dolore per la perdita della mamma, che era stata accudita dalla sorella. Nel 1964 arriviamo in Italia per le vacanze; io avevo appena finito la terza media, avevano cominciato a ristrutturare anche la casa. Mio padre peggiorava, e non era in grado di affrontare il viaggio di ritorno, così siamo stati costretti a rimanere in Italia. E’ stata dura dovere ricominciare da zero, lasciare tutto e tutti ! Queste cose lasciano il segno.

Mio padre morì il 31/10/1965: malaria e silicosi… Aveva fatto la guerra, lavorato in fondo alla miniera per venti lunghi anni. Alla sua morte avevo 15 anni, lo ricordo una persona semplice, buona e umile. Mia madre è morta nel 2007; rimasta vedova a 47 anni , ha dovuto fare enormi sacrifici per la sua famiglia. Ma a lei non pesava il lavoro! Il fardello più pesante è stata la perdita del suo amato Giovanni, mio padre!

È doveroso per me ricordare la vita dei miei genitori, fatta di sacrifici, sofferenza e rinunce. Grazie papà, grazie mamma!

Vostra figlia Rosalie

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *