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La chitarra e il mandolino

di Giovanna De Marco

Mio nonno, Attilio De Marco, nato a Seren del Grappa, proveniva da una famiglia di buon livello culturale ed economico che però non aveva saputo gestire le risorse né capire il cambiamento sociale in atto.

Per non perdere il benessere assaporato nell’infanzia, si tuffò nell’avventura dell’emigrazione. Fu ripagato con la realizzazione del suo sogno: una piccola proprietà agricola a Feltre.

Tramite conoscenti trovò lavoro in una miniera di carbone: lavoro pesante, pericoloso per i crolli e per gli scoppi da gas grisù. Erano gli anni Dieci del Novecento, in America, nella città di Thurber, stato del Texas, sede della compagnia mineraria “Texas Pacific & Oil Company” per la quale mio nonno lavorò otto anni consecutivi, tra il 1910 e il 1918.

Le condizioni di lavoro erano comunque decisamente migliorate rispetto alla fine dell’Ottocento e gli orari più ragionevoli.

Trovò vitto e alloggio presso una “Farma” gestita da una famiglia toscana: sicuramente una situazione di privilegio rispetto a quanti viveano in dormitori sovraffollati.

Nel tempo libero, con amici, si dedicava alla caccia, alla pesca, alla musica. Quest’ultima ebbe anche una funzione socializzatrice e – lontano da casa – fu più che mai importante. Dalle fotografie di quel periodo traspare una grande classe e perfino eleganza nel gruppo.

Attilio portò con sé, in Italia, la chitarra e il mandolino, che conserviamo sempre con cura. Non conosciamo purtroppo le musiche che eseguivano. Si presume fossero canzoni napoletane, canti popolari, mazurke e qualche aria d’opera. Tutto aiutava a sentire vicine patria e famiglia, a superare la malinconia e l’isolamento, a rallegrare la compagnia.

La guerra mondiale li colse all’estero. Alcuni dovettero interrompere il loro sogno e tornare in Italia ad arruolarsi e combattere. Altri vennero ingaggiati nelle fabbriche d’armi nel paese in cui si trovano e non combatterono. Mio nonno Attilio fu tra questi ultimi.

Tornò in patria il 3 settembre 1919 con il vapore “Regina D’Italia”, scalo Azzorre e Gibilterra, velocità 143 miglia all’ora, durata del viaggio quattordici giorni.

Thurber, 1916. Attilio De Marco, al centro con il mandolino, assieme ad alcuni amici e colleghi.

Thurber, 1916. Attilio De Marco seduto, a sinistra.

Attilio De Marco di Seren del Grappa

Thurber, 1916. Attilio De Marco, al centro con il mandolino, assieme ad alcuni amici e colleghi
Thurber, 1916. Attilio De Marco, al centro con il mandolino,
assieme ad alcuni amici e colleghi

Mio nonno, Attilio De Marco, nato a Seren del Grappa, proveniva da una famiglia di buon livello culturale ed economico che però non aveva saputo gestire le risorse né capire il cambiamento sociale in atto. Per non perdere il benessere assaporato nell’infanzia si tuffa neII’avventura dell’emigrazione. Sarà ripagato con la realizzazione del suo sogno: una piccola proprietà agricola a Feltre.

Tramite conoscenti trova lavoro in una miniera di carbone: lavoropesante, pericoloso per i crolli e per gli scoppi da gas grisù. Siamo negli anni ‘10 del Novecento in America, nella città di Thurber, stato del Texas, sede della compagnia mineraria TexasPacific & Oil Company, per la quale mio nonno lavora per otto anni consecutivi tra il 1910 e il 1918. Le condizioni di lavoro sono decisamente migliorate rispetto alla fine dell’Ottocento e gli orari più ragionevoli.

Trova vitto e alloggio presso una “Farma” gestita da una famiglia toscana: sicuramente una situazione di privilegio rispetto a quanti vivono in dormitori sovraffollati.

Nel tempo libero, con amici si dedica alla caccia, alla pesca, alla musica. Quest’ultima ha anche una funzione socializzatrice e lontano da casa è più che mai importante.

Dalle foto traspare una grande classe e perfino eleganza nel gruppo. Porterà con sé in Italia la chitarra ed il mandolino che conserviamo con cura. Non conosciamo purtroppo le musiche che venivano eseguite. Si presume fossero canzoni napoletane, canti popolari, mazurke e qualche aria d’opera. Tutto aiutava a sentire vicine Patria e famiglia, a superare la malinconia e l’isolamento, a rallegrare la compagnia. La guerra mondiale li coglie all’estero. Alcuni devono interrompere il loro sogno e tornare in Italia ad arruolarsi e combattere; altri vengono ingaggiati nelle fabbriche d’armi nel paese in cui si trovano e non combattono. Mio nonno Attilio è tra questi ultimi.

Torna in patria con il vapore Regina d’Italia, scalo Azzorre e Gibilterra, velocità 143 miglia all’ora, durata del viaggio 14 giorni, il 3 settembre 1919.

Giovanna De Marco

Thurber, 1916. Attilio De Marco è quello seduto a sinistra
Thurber, 1916. Attilio De Marco è quello seduto a sinistra