Danilo Calonego. Una vita da emigrante

A sinistra Danilo Calonego con un suo collega

A causa del dopoguerra e della grande miseria ho iniziato presto a conoscere la vita e cosa vuol dire lavorare ed essere poveri. Il mio povero padre era un emigrante; avevo circa sei o sette anni e mi ricordo bene quando egli lavorava in Svizzera; partiva in primavera e rientrava in Italia per la fine novembre. Noi a quei tempi abitavamo alla Costa dei Viezzer (comune di Sedico); quando rientrava dalla Svizzera e bussava alla porta, mia mamma mi diceva: “Danilo ,vai a vedere chi è!”. “Mamma – le dicevo io – c’è qui un signore con dei lunghi baffi, uno zaino in schiena e una valigia legata con lo spago”: non riuscivo a riconoscere mio padre! Roba da non credere!
Io, per mia sfortuna, ho incominciato la vita da piccolo emigrante a soli otto anni, se non proprio emigrante nel vero senso della parola, a conoscere la vera vita da lavoratore. Tutti gli anni (per sei stagioni) dal 13 giugno fino al 7 settembre, i miei mi mandavano con un signore di Dussan –Meano, nella malga Grava al pascolo con le mucche. A undici anni, finita la scuola elementare, ancora a servire dal signore di Dussan, d’estate in malga e poi fisso a Dussan a fare il servitore, tornando a casa ogni tre settimane.

A quattordici anni il mio sogno era di fare il meccanico per poi prendere la strada di mio padre. Speravo sempre di andare un giorno in Africa. Dopo cinque anni di apprendistato a Camolino e il servizio militare, mi ero interessato per partire per l’Africa.

Ero anche stato fortunato perché un mio amico mi aveva presentato un direttore della C.S.C; quindi, superato il colloquio a Milano, dovevo partire il 5 settembre del 1969 per la Libia. Il mio sogno si stava avverando, ma purtroppo il 1° settembre 1969 scoppiava la rivoluzione in Libia. Allora la C.S.C mi ha mandato in Svizzera ed è da qui che è incominciata la mia lunga storia di emigrante. Fino al 1973 ho lavorato in Svizzera a Montreux, subendo anche tante umiliazioni dagli Svizzeri. Ho deciso quindi che sarei tornato in Italia, dove un mio lontano parente mi ha affittato l’officina che ho tenuto fino al 1978. Ero già sposato e anche con due figlie grandicelle, quando ho deciso di mollare tutto e ritornare all’estero; e cosi il 7 febbraio del 1979, a 31 anni, sono partito per la Libia ,finalmente! La mia destinazione era Zanzour ; malgrado anni duri, le umiliazioni e altro ancora, lo stipendio era buono; però il lavoro è terminato presto e mi sono trovato ancora in Italia dopo due anni. Ho quindi lavorato alla concessionaria Mercedes fino ai primi di febbraio del 1983, quando sono di nuovo partito per la Libia, dove sono rimasto fino al 2016. Ho avuto tanti problemi: il bombardamento nel 1986, poi la società in cui lavoravo mi aveva trasferito in Algeria a Bouira, in mezzo ai terroristi, dove per fortuna ho passato solo due anni. Sono ritornato poi in Libia, a Tazerbo, nel deserto del Sahara , poi a Caboverde per due anni e mezzo. Finalmente, nel 2011, mi ero messo tranquillo; avevo una seconda moglie, una figlia e lavoravo a Zanzour quando è scoppiata la rivoluzione. Il 21 di febbraio sono rientrato in Italia, ma non mi sono arreso; non me la sentivo di andare in cassa integrazione e quindi ho fatto domanda per andare nel Laos, dove ho fatto tutta l’estate in quei maledetti posti . Finalmente a dicembre la mia vecchia società Maltauro mi ha richiamato per ritornare in Libia: era il 2 dicembre 2011, Italiani non ce n’ erano! Ho lavorato sempre con la Maltauro , fino al 30 giugno del 2014, e al primo luglio sono andato in pensione!

Una recente foto di Danilo in uno dei cantieri in Africa dove presta servizio

Il destino ha voluto che la mia vecchia società Con.I.Cos (faccio anche presente che in tutti questi anni ho cambiato quattro società) mi richiamasse dopo tanti anni per recarmi a Ghat, a fare da consulente per dei mezzi e disporre per i meccanici, praticamente capo officina, ciò che del resto facevo da tantissimi anni. Lì – forse non tutti lo sanno – ho passato l’agosto del 2014 subendo con il Calsnicif, il rapimento di due Pick up, uno il 12 e uno il 29 di agosto: per fortuna mi è andata bene perché hanno sparato per aria, ma paura tantissima! L’11 di settembre, sempre del 2014, ho dovuto scappare a causa dei bombardamenti; gli aeroporti erano tutti bombardati e quindi sono fuggito per l’Algeria, attraversando tutto il deserto: un viaggio indimenticabile fatto di tante avventure. Avevo quindi deciso di dare un taglio alla Libia; ormai avevo raggiunto il mio scopo avendo fatto oltre 27 anni! Così, essendo residente in Marocco, mi sono fatto le meritate lunghe vacanze a Marrakech!
In Italia sono ritornato nel giugno del 2016; ero a casa tranquillo (mia moglie era rimasta in Marocco), quando, verso il 20 giugno del 2016, la società Con.I.Cos mi ha richiamato per andare una ventina di giorni a Ghat per programmare una finitrice, un lavoretto che avrei fatto volentieri, anche per rivedere un po’ la Libia. Invece la cosa è venuta lunga e mi è capitato quello che voi tutti sapete[si tratta del noto rapimento del 19 giugno 2016, conclusosi felicemente il successivo 4 novembre; n.d.r.].
Con questo racconto vi informo che è da anni che sto scrivendo un grande libro intitolato “Le mie memorie”. Adesso l’ho un po’ trascurato perché sto scrivendo un piccolo libretto sul sequestro del 19 settembre del 2016 e durato 47 giorni! Finalmente spero di riuscire a dimenticare la Libia, ma il “Mal d’Africa” rimane nel sangue per sempre!

Danilo Calonego

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