Giovanna Zanzotto e Lino Parissenti

Giovanna Zanzotto e Lino Parissenti
Giovanna Zanzotto e Lino Parissenti

Mio marito era emigrato in Argentina da un anno, mentre io ero rimasta in Italia. Ci conoscevamo da due anni e volevamo sposarci, ma per ragioni economiche e di lavoro non c’era la possibilità di pagare tutti i biglietti della nave, sia per me che per lui. Pensammo quindi al matrimonio per procura. Potevamo spendere meno soldi e comunque sposarci.
Non ricordo esattamente tutte le procedure che ho dovuto sbrigare. Ricordo di essere andata al Consolato a Venezia. La cosa più difficile fu trovare la persona che sostituisse mio marito come sposo. Nessuno voleva prendersi l’impegno. L’unica persona che accettò di fare le sue veci fu suo padre. Il matrimonio avvenne quindi ad Agordo il 24 agosto del 1950, e potemmo ricongiungerci nel mese di novembre di quell’anno. Partii da Genova il 3 novembre e, dopo diciassette giorni di navigazione, il 21 arrivai a Buenos Aires e finalmente ci ritrovammo. Al mio arrivo, mio marito giunse con un amico che portava un grande mazzo di fiori. Lo portava l’amico perché era molto più alto di lui e così teneva il mazzo più in alto in modo che non si sciupasse. Aveva poi riunito alcuni amici connazionali per festeggiare il nostro matrimonio. Una volta che gli invitati se ne furono andati, mio marito mi disse:

«Adesso andiamo in chiesa». Era già l’imbrunire e io gli risposi: «In chiesa adesso? Sarà chiusa a quest’ora!», ma lui non voleva rassegnarsi e replicò: «No! Andiamo in chiesa, perché io non voglio andare a dormire se prima non prendo la benedizione del Signore».

Una volta arrivati alla chiesa trovammo il prete affaccendato in alcuni lavori. Mio marito gli chiese in spagnolo se ci dava la benedizione, ma la sua risposta fu: «Questa sera non ho tempo! Venite domani». E dovemmo tornarcene a casa così… Dover celebrare il matrimonio per procura non fu tanto semplice. Fu certamente una cosa molto triste, che non consiglierei a nessuno. Devo dire, però, che sono contenta di averlo fatto, perché altrimenti non avremmo avuto possibilità di stare insieme. In ogni caso, in seguito ho voluto formalizzarlo, come se fosse la prima volta, anche in presenza di mio marito. Erano trascorsi cinquant’anni, perciò abbiamo festeggiato le nozze d’oro ma, appunto, come se fosse stata la prima volta. Il matrimonio per procura era una pratica abbastanza diffusa nel sud dell’Italia, nel nord credo molto meno. A bordo della nave con cui viaggiai per raggiungere l’Argentina c’erano più di cento ragazze del sud sposate per procura, però con gente che non conoscevano personalmente, magari vista solo per fotografia.

Storia raccolta da Giovanni Dalla Rossa

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