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Una storia di ordinaria xenofobia

di Luisa Carniel

Sono passati cinquantadue anni dalla drammatica scomparsa di Alfredo Zardini, emigrante bellunese vittima dell’intolleranza e della xenofobia svizzera. Zardini, classe 1931, sposato e padre di un bambino di cinque anni, era un falegname originario di Cortina, che lasciò agli inizi degli anni Settanta per cercare fortuna a Zurigo. 

La ricostruzione dei fatti che portarono alla sua morte è questa: da pochi giorni nella città elvetica, la mattina del 20 marzo 1971 Alfredo uscì presto di casa per incontrarsi con il suo futuro datore di lavoro e si fermò per un caffè in uno dei pochi locali aperti a quell’ora, erano infatti solo le cinque. Ebbe la sfortuna di imbattersi in un pregiudicato, sembra già ubriaco, militante della propaganda contro l’accoglienza dei lavoratori stranieri nella Confederazione elvetica. 

Per ragioni mai chiarite, nacque un diverbio tra i due, che presto sfociò in un pestaggio alle spese di Zardini, colpito con calci e pugni da quell’uomo corpulento e poi lasciato agonizzante sul marciapiede, fra l’indifferenza degli avventori del bar prima e dei passanti poi. I soccorsi non furono tempestivi e il cortinese morì durante il trasporto in ospedale, a causa di un’emorragia interna dovuta alle percosse ricevute. 

… non era raro trovare cartelli del tipo “Eintritt für Italiener verboten!” – “Ingresso vietato agli italiani”…

Non fu mai fatta piena luce sui fatti e la stampa svizzera si preoccupò perlopiù di dare la notizia che i suoi connazionali, per protesta, non si erano recati al lavoro il giorno successivo. Il locale venne chiuso per due mesi e poi riaperto; il clima negli ambienti di lavoro divenne pesante, specialmente nei cantieri. Il comune di Zurigo si limitò a pagare le spese di rimpatrio della salma. 

L’agghiacciante episodio suscitò lo sdegno di tutta la comunità bellunese e italiana in generale, anche perché al colpevole fu inflitta una pena di soli diciotto mesi di reclusione, connotando il reato come “eccesso di legittima difesa”. Si cercava in questo modo di sminuire le vicende a chiaro carattere xenofobo, ma il fenomeno era molto presente, sia nei piccoli che nei grandi centri, dove non era raro trovare cartelli del tipo “Eintritt für Italiener verboten!” – “Ingresso vietato agli italiani”, oppure “Kein Entragung Hund und Italiener” – “Vietato ai cani e agli italiani”. 

Erano gli anni del movimento xenofobo riconducibile al politico di estrema destra James Schwarzenbach, determinato a porre un tetto all’immigrazione di lavoratori stranieri in Svizzera e che aveva già portato a un referendum nel 1970. Consultazione che, pur vedendo respinta la proposta di limitazione, aveva ottenuto un consenso pari al 46 per cento dei votanti. 

Il buon risultato incoraggiò i movimenti contro quello che veniva chiamato “inforestierimento” a ritornare subito alla carica con due iniziative analoghe, che raccolsero però minor consenso: 34,2 per cento di voti a favore nel 1974 e 29,5 per cento nel 1977, seguiti da altri referendum, tutti con votazione respinta, nel 1988 e nel 2000. 

Alfredo Zardini viene spesso ricordato come emblema del razzismo contro gli immigrati e a lui il cantante di origini siciliane Franco Trincale dedicò una ballata nel 1979.

Manifesti di propaganda dei referendum indetti per porre un tetto all’immigrazione in Svizzera