La saga della famiglia Savaris e Bedogni raccontata da Umberto
Livio Savaris. Era contadino, con quattro vacche e un maiale. E campicelli, un po’ di qua e di là non lontano dalla Fontanella, sulle rive del torrente Terche. Ha avuto due figli – uno morto in tenera età e l’altro a 33 anni – e tre figlie: Virginia, Giuditta e Cesira. Quest’ultima è tuttora vivente e avrà cent’anni nel 2019. Il nonno dovette espatriare. Lavorò in Germania come scalpellino. Quando rientrava in paese andava spesso nel bosco a far al legna per l’inverno e scaldare l’unica stanza, che faceva da cucina, tinello, stanza da lavoro per le donne. Sapeva pure lavorare il legno. Faceva rastrelli, forche, zoccoli, e tante altre cosette che potevano facilitare la vita del contadino.
Margherita Sbardella-Savaris. Mia nonna era contadina. Le sue vacche, il suo maiale e qualche “pituseta” erano il suo mondo. Ha educato con pazienza e abnegazione i figli. Non ha voluto che Virginia partisse in Svizzera, perché aveva sentito che si poteva contrattare la silicosi nelle filande. Tutte le figlie, però, hanno imparato un mestiere: Virginia, la maglieria, Giuditta e Cesira la sartoria. Alle quattro di mattina era sempre in piedi. Andava a letto a mezzanotte, non prima di aver recitato il Rosario. Donna di poche parole e di una mansuetudine infinita.
Virginia Savaris-Bedogni. Mia mamma faceva la magliaia. Ero “in estasi” quando spingeva di qua e di là l’aggeggio che produceva il secondo “miracolo” della maglia: magliette, sciarpe, berretti, calzini, guanti, ecc. Metteva da parte il “gruzzolo” che mandava regolarmente suo marito dalla Germania. Il suo sogno? Metter su un negozio di scarpe dopo aver comprato una casetta. Mio papà invece la fece venire in Svizzera.
Enrico Bedogni. Originario di Parma incontrò mia madre che era stata assunta da una borghese come balia asciutta. La sposò e venne ad abitare a Villa di Villa. Poco lavoro e pagato male. Fu costretto ad emigrare in Germania. Vita semplice e paga mandata quasi integralmente alla moglie, che la metteva da parte. Una notte, un bombardamento mandò in aria la sua baracca e la fabbrica in cui lavorava. Si trovò in mutande e dovette rientrare in patria. Emigrò dopo breve tempo, come falegname, a Chesières-sur-Ollon. Qualche anno dopo, lo raggiunse la moglie.
Umberto Bedogni. Nato a Zofingen, canton Argovia, da papà Enrico e mamma Virginia, ho vissuto a Safenwil tre anni e mezzo. Poi, fino ai 23 anni, a Villa di Villa, dove ho frequentato la Scuola Elementare. Trascorsi undici anni nel Seminario di Vittorio Veneto, e alla vigilia del suddiaconato, il vescovo Carrara mi ha detto che non poteva ordinarmi prete. Ho raggiunto i miei genitori a Chesières-sur-Ollon, in Svizzera. Ho superato gli esami di maturità à St-Maurice, Canton Vallese, e ottenuto la laurea in Lettere (Latino, Greco, Francese) a Friburgo. Ho insegnato trentacinque anni nel Liceo della città vicina, Porrentruy, nel Canton Giura. E da vent’anni godo di una pensione abbastanza serena.