Il coraggio di un sogno

Marcello De Zordo nacque nel 1912 ad Alleghe, un piccolo paese incastonato tra le Dolomiti bellunesi. Fin da giovane, la vita di Marcello era scandita dai ritmi delle stagioni e dalle fatiche del lavoro nei campi, dove aiutava i genitori a coltivare patate e allevare qualche animale.

Le giornate erano lunghe e dure, specialmente nei rigidi inverni montani, ma Marcello non si scoraggiava. Crescendo, però, iniziò a sognare un futuro diverso, lontano dalla povertà e dalle limitate opportunità che la sua terra poteva offrirgli.

Negli anni Trenta, la situazione economica in Italia era sempre più difficile, e molti bellunesi avevano già scelto di emigrare in cerca di fortuna. Marcello ascoltava con attenzione le storie che arrivavano dall’altra parte del mondo, raccontate da coloro che tornavano temporaneamente o che scrivevano lettere piene di speranza, parlando di Paesi come l’Argentina, dove il lavoro, seppur duro, offriva la possibilità di un riscatto sociale.

Dopo averci riflettuto a lungo e incoraggiato dalla famiglia, Marcello prese la difficile decisione di lasciare il suo amato paese per tentare la fortuna oltreoceano. Nel 1937, con una valigia di cartone, pochi risparmi e il cuore pieno di speranze, Marcello si imbarcò da Genova su un piroscafo diretto a Buenos Aires.

Il viaggio fu lungo e faticoso: il mare agitato e le condizioni spartane a bordo mettevano a dura prova il suo spirito. Ma la prospettiva di una vita migliore alimentava la sua determinazione.

Arrivato in Argentina, Marcello si trovò di fronte a una città imponente e frenetica, diversa dal tranquillo e silenzioso borgo montano da cui proveniva. Le strade affollate di Buenos Aires erano piene di suoni, odori e colori che non aveva mai visto, e la lingua spagnola suonava per lui come un intricato mistero.

I primi tempi furono estremamente difficili. Marcello, come tanti altri emigranti, non aveva contatti e parlava solo il dialetto, ma con la forza della disperazione trovò lavoro come manovale in un cantiere edile. Il lavoro era massacrante: dieci, a volte dodici ore al giorno sotto il sole cocente o la pioggia battente, con una paga che a malapena gli permetteva di mangiare e di pagare l’affitto di una modesta stanza in una pensione condivisa con altri emigranti italiani.

Tuttavia, la sua tenacia e la sua voglia di migliorarsi lo portarono presto a farsi notare dai superiori, che gli affidavano compiti sempre più importanti. In breve tempo, Marcello imparò la lingua e fece amicizia con altri bellunesi che lo aiutarono a orientarsi in quel nuovo mondo.

Pur essendo riuscito a costruirsi una vita stabile in Argentina, non dimenticò mai le sue radici.

Grazie alla solidarietà della comunità italiana, Marcello cominciò a sognare in grande. Con i risparmi accumulati e il sostegno di alcuni amici emigranti, decise di aprire una piccola impresa edile. La ditta, specializzata nella costruzione di case popolari, cominciò ad avere un discreto successo.

Marcello era un uomo onesto e laborioso, e il suo impegno lo ripagava con nuovi contratti e la fiducia dei clienti. L’impresa si espanse rapidamente, impiegando sempre più emigranti italiani, molti dei quali venivano direttamente dalla provincia di Belluno, attirati dal passaparola.

Negli anni Cinquanta, Marcello era ormai un imprenditore affermato. Pur essendo riuscito a costruirsi una vita stabile in Argentina, non dimenticò mai le sue radici. Continuava a mandare parte dei suoi guadagni alla famiglia rimasta in Italia e, con il tempo, riuscì a far emigrare anche i suoi fratelli, dando loro l’opportunità di costruirsi una vita migliore.

La sua casa divenne un punto di ritrovo per gli emigranti bellunesi, dove si parlava il dialetto e si condividevano storie e ricordi della terra natia. Marcello si impegno anche a offrire sostegno ai nuovi arrivati, fornendo assistenza con la burocrazia, il lavoro e l’integrazione.

La sua storia divenne un esempio di come, nonostante le difficoltà dell’emigrazione, la determinazione e il legame con la propria comunità potessero trasformare una vita di sacrifici in una storia di successo.

Quando Marcello tornò a Belluno per la prima volta dopo quasi vent’anni, nel 1956, trovò una terra cambiata ma, allo stesso tempo, ancora legata a quel passato di sofferenze e speranze condivise. Con gli occhi pieni di emozione, rivedeva i vecchi sentieri, le case, i volti familiari. Ma sapeva che ormai la sua vita era a Buenos Aires, dove aveva messo radici, costruito una famiglia e una prospera impresa.

Marcello De Zordo, come tanti altri emigranti bellunesi, era riuscito a costruire un ponte invisibile tra le montagne di casa e le pianure lontane dell’Argentina, un legame che ancora oggi vive nelle storie delle famiglie che hanno attraversato il mondo in cerca di una nuova vita.

Questa storia è solo una delle migliaia che, dalla provincia di Belluno, si sono diffuse nel mondo, lasciando tracce indelebili di coraggio, sacrificio e successo.

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