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Benedetta Casanova Fuga, vedova Zannantonio

Nacque a S. Pietro di Cadore il 18 marzo 1898. Le fu concessa l’onorificenza di Cavaliere di Vittorio Veneto in qualità di “portatrice” durante il primo conflitto mondiale sul fronte dell’alto Cadore. Fu madre di cinque figli, uno dei quali, Stefano, deportato politico in Germania. Nel 1949 Benedetta lasciò la sua terra natale per raggiungere il marito e i figli in terra di Francia, esattamente ad Altkirch (Alto Reno). Nel 1956 perse il marito in un incidente stradale. 

Ogni estate passava le sue vacanze tra Casamazzagno e Costalta, ove aveva tanti ricordi e con gli amici rievocava, con invidiabile precisione, le note belle e anche quelle brutte. Al suo rientro in Francia, durante i lunghi mesi di permanenza colà, pregava il buon Dio perché la conservasse in salute e le desse la possibilità e la forza di rivedere il suo paese natale e riabbracciare parenti ed amici. 

Fonte: BNM n.5/1978

La straordinaria storia delle famiglie Larese Roia e Pais De Libera

La famiglia Becher in Argentina

Il 16 marzo 2013 si sono incontrati in una antica casa appena fuori Buenos Aires i numerosi discendenti delle famiglie di Antonio e Valentino Larese Roia e Pais De Libera, per ricevere dalle mani di Gianni Pais Becher venuto da Auronzo, una foto scattata nella capitale dell’Argentina nel lontano maggio 1906 e inviata in varie copie ai famigliari rimasti in Cadore.

Una foto che aveva attraversato ancora una volta l’oceano Atlantico per ricordare le sembianze ormai dimenticate dei loro antenati che dopo la metà del 1800 avevano lasciato per sempre le crode delle Dolomiti ed il loro paese natio, per cercare in Argentina di costruire una vita migliore.
Antonio era riuscito ad aprire una libreria in pieno centro di Buenos Aires, vicino alla Casa Rosada. Una libreria frequentata dal fior fiore della cultura argentina, ed una sua figlia ebbe come padrino un Presidente della Repubblica dell’epoca. Valentino aveva sposato una compaesana, Maria Antonia Pais De Libera, ed il nipote Agostino Giuseppe era convolato a nozze con Rosaria Pais Marden.

L'incontro del 13 marzo 2013

Avevano deciso di fare quella foto per inviarla ai famigliari rimasti ad Auronzo, per far conoscere i visi dei figli e nipoti sconosciuti in Patria. La commozione era visibile sul viso di tutti, anziani e giovani quando rigiravano tra le mani la foto, cercando di riconoscere chi il bisnonno o la nonna, chi il proprio padre che allora era ancora un bambino.

Non avevano nel loro archivio una foto di quell’epoca e discutevano tra loro per riconoscere chi fosse questo o quello.
Alla fine si trovarono tutti concordi, i loro antenati tenevano un volto ed un nome e le lacrime rigavano il viso di molti.

Gli abbracci ed i ringraziamenti a Gianni, i brindisi alla foto tornata a casa e al neo eletto cardinale Bergoglio a Papa Francesco.

Le foto di gruppo vengono fatte mentre tutti anche i più piccini gridano ¨Auronzooo!!!”.

Programmano per il futuro di imbarcarsi su una nave e raggiungere Venezia per poi visitare tutta la Provincia di Belluno.

Antonio, Valentino, Giuseppe, Maria Antonia sembrano sorridere felici… sembra… che sia il vino, o sorridono davvero?

Gianni Pais Becher

La famiglia Olivotto

Siamo emigrati in Argentina, a Buenos Aires, io nel 1948 e mia moglie nel 1950. Ci siamo conosciuti lì, ma siamo praticamente paesani, perché io sono di Cibiana e i genitori di mia moglie di Peaio di Vodo di Cadore. Quando siamo arrivati in Argentina entrambi ci siamo subito trovati bene, ci siamo ambientati e in generale non abbiamo avuto grosse difficoltà. Bisogna considerare anche che siamo partiti appena finita la guerra e quindi andare lì era un’occasione, perché uscivamo da una situazione molto difficile.
Quando sono arrivato sono andato a lavorare in fabbrica. Non sapevo la lingua, ma mi sono amalgamato con la gente e ho imparato molte cose pratiche, e pian piano appreso lo spagnolo. Ho lavorato per quattro anni. Mio fratello aveva già aperto una gelateria, ma io dovevo lavorare in fabbrica perché le spese da pagare erano molte e c’era bisogno di soldi.

I genitori di mia moglie, invece, avevano aperto una gelateria. Prima ne avevano una in Olanda, poi l’hanno chiusa e l’hanno aperta in Argentina nel ‘50.

Mia moglie ha lavorato per otto anni con suo padre. Poi ci siamo sposati e io nel ‘60 ho aperto una gelateria e così abbiamo lavorato assieme. Anche mio papà faceva il gelatiere, a Vignola, in provincia di Modena. In Argentina abbiamo gestito due gelaterie, entrambe le abbiamo chiamate “Cadore”, una in pieno centro a Buenos Aires e una un po’ in periferia.

All’epoca si lavorava molto bene, gli argentini mangiano molto gelato. Ora siamo andati in pensione da qualche anno, dopo oltre quarant’anni di lavoro, e a gestire le gelaterie è il nipote. La situazione però oggi è molto diversa. L’Argentina non è stata mai un paese stabile, ha sempre vissuto alti e bassi, ma quando siamo arrivati noi, rispetto al giorno d’oggi, era molto meglio. C’era la dittatura, ma comunque si andava avanti. Adesso è un disastro, sia economicamente che dal punto di vista della delinquenza, ti ammazzano per niente, non si può uscire di notte, è brutto, ma ormai siamo stabili lì. Siamo soci dell’ABM fin dagli anni ‘60, da quando si è costituita, e siamo sempre tornati a Belluno per visitare la nostra casa a Tai di Cadore. Veniamo sempre volentieri per ritrovarci con i parenti.

Storia raccolta da Simone Tormen

La storia di Angelo Tabacchi

Angelo Tabacchi e Giorgina Boccingher il giorno del loro matrimonio

Una storia di vita e di emigrazione, bella e dolorosa nello stesso tempo, è quella che ci racconta un ex emigrante, socio della Famiglia emigranti del Cadore: Angelo Tabacchi, classe 1940 di Sottocastello.
«Quelle della mia vita – racconta per introdurre la sua storia – sono piccole e grandi traversie che segnano per sempre la quotidianità di una famiglia.
Finiti gli studi all’Istituto Tecnico di Pieve di Cadore, mi trovai subito faccia a faccia con il lavoro vero in un cantiere quando emigrai nel Cantone Vallese, a Mattmark, dove rimasi dal 1957 al 1959. Su consiglio della mia famiglia, secondo la quale quel lavoro non era adatto a me, rientrai in Italia e iniziai a lavorare nel settore elettrico con la ditta Vascellari di Calalzo. Devo dire che il consiglio fu giusto, perché il nuovo lavoro mi piacque subito, anche grazie alle mansioni che mi vennero assegnate. Nel 1963 lavoravo a Longarone a un compito importante, che riuscii a completare appena venti giorni prima della frana del Monte Toc che travolse il paese. Mi andò bene, visto che lo sto raccontando, contrariamente a molti miei colleghi che furono travolti dalla piena. Per me fu ugualmente un brutto colpo.

Due anni dopo, nel 1965, mi sposai con Giorgina Boccingher. Una bella giornata, in parte rovinata dalla notizia della tragedia di Mattmark, che si portò via molti miei paesani e amici.

Un anno di vita tranquilla, attendendo la nascita del primo figlio, Matteo, venuto al mondo nel novembre 1966, proprio in concomitanza con la grave alluvione che stravolse il Cadore e il Bellunese. Un avvenimento duro e tragico per chi lavorava nel settore elettrico. Seguirono anni di vita tranquilla, rallegrati nell’aprile del 1976 dalla nascita del secondo figlio, Nevio. Una vita normale, con tante gioie in famiglia e in attesa di festeggiare le nozze d’oro, che ricorrevano nel settembre del 2015.
Furono anni felici, nei quali la nostra famiglia visse facendo anche terminare la scuola ai due figli. Purtroppo, all’inizio di quell’anno mia moglie venne colpita da un tumore che si aggravò velocemente, tanto che a malapena riuscì a sopravvivere alla festa e morì il 31 dicembre. Fu un dolore immenso, l’amavo molto. Si era dimostrata veramente una madre di famiglia come avevo desiderato.
Un dolore reso ancora più forte dal fatto che solo due mesi prima, il 28 ottobre, era morto anche mio fratello Giovanni.
Ora vivo nella casa di famiglia a Sottocastello, sempre vicino ai miei figli Matteo e Nevio, che mi stanno dando tante soddisfazioni.

Storia raccolta
da Vittore Doro