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La famiglia Olivotto

Siamo emigrati in Argentina, a Buenos Aires, io nel 1948 e mia moglie nel 1950. Ci siamo conosciuti lì, ma siamo praticamente paesani, perché io sono di Cibiana e i genitori di mia moglie di Peaio di Vodo di Cadore. Quando siamo arrivati in Argentina entrambi ci siamo subito trovati bene, ci siamo ambientati e in generale non abbiamo avuto grosse difficoltà. Bisogna considerare anche che siamo partiti appena finita la guerra e quindi andare lì era un’occasione, perché uscivamo da una situazione molto difficile.
Quando sono arrivato sono andato a lavorare in fabbrica. Non sapevo la lingua, ma mi sono amalgamato con la gente e ho imparato molte cose pratiche, e pian piano appreso lo spagnolo. Ho lavorato per quattro anni. Mio fratello aveva già aperto una gelateria, ma io dovevo lavorare in fabbrica perché le spese da pagare erano molte e c’era bisogno di soldi.

I genitori di mia moglie, invece, avevano aperto una gelateria. Prima ne avevano una in Olanda, poi l’hanno chiusa e l’hanno aperta in Argentina nel ‘50.

Mia moglie ha lavorato per otto anni con suo padre. Poi ci siamo sposati e io nel ‘60 ho aperto una gelateria e così abbiamo lavorato assieme. Anche mio papà faceva il gelatiere, a Vignola, in provincia di Modena. In Argentina abbiamo gestito due gelaterie, entrambe le abbiamo chiamate “Cadore”, una in pieno centro a Buenos Aires e una un po’ in periferia.

All’epoca si lavorava molto bene, gli argentini mangiano molto gelato. Ora siamo andati in pensione da qualche anno, dopo oltre quarant’anni di lavoro, e a gestire le gelaterie è il nipote. La situazione però oggi è molto diversa. L’Argentina non è stata mai un paese stabile, ha sempre vissuto alti e bassi, ma quando siamo arrivati noi, rispetto al giorno d’oggi, era molto meglio. C’era la dittatura, ma comunque si andava avanti. Adesso è un disastro, sia economicamente che dal punto di vista della delinquenza, ti ammazzano per niente, non si può uscire di notte, è brutto, ma ormai siamo stabili lì. Siamo soci dell’ABM fin dagli anni ‘60, da quando si è costituita, e siamo sempre tornati a Belluno per visitare la nostra casa a Tai di Cadore. Veniamo sempre volentieri per ritrovarci con i parenti.

Storia raccolta da Simone Tormen

Lidia Nerobuto di Lentiai

Lidia Nerobuto

Sono nata in Istria nel 1938, precisamente a Castelnuovo (ora Podgrad, Slovenia) a quel tempo Italia. I miei genitori lavoravano in quel paese come carbonai. Siamo dovuti tornare nel paese natio di mamma e papà, a Marziai di Vas, perché a causa della guerra non c’era più cibo per sfamarci e per il pericolo di essere uccisi.
Insieme alle mie due sorelle abbiamo seguito i genitori, nel frattempo diventati taglialegna, nei boschi fino al 1957, dopodiché andai a servizio in una famiglia di Cortina dove, nel 1958, conobbi il mio futuro marito che era di Lentiai.

Nello stesso anno emigro in Germania a Uln-meilbronn, vicino a Stoccarda, per poi trasferirmi a nord nel 1960, nel paese di Emden. Infine, nell’inverno del ’60, a Mannhein, sempre come dipendente nel settore del gelato.

A questo periodo fa riferimento la foto, scattata il giorno di Natale del 1960.
Rientrata in Italia nella primavera del ’61 trovo lavoro come cuoca, attività che svolgo dal ’61 al ’63.
In questo intervallo di tempo mi sposo, nel 1962, con Edoardo Zanella (Ado) e, nel 1963, nasce nostra figlia Milena, a Lentiai, dove nel frattempo ci siamo trasferiti.
Qui svolgo l’attività di barista per qualche anno e dal ’70 al ’78 lavoro in una fabbrica del posto.
Nel 1993 viene a mancare mio marito. Ancora oggi vivo nel mio caro paese di Lentiai vicina a mia figlia e mio genero Pierpaolo.

Lidia Nerobuto

Famiglia Ciprian, gelatieri per passione

L’Eis Salon Ciprian

Mi chiamo Attilio Ciprian, ho un fratello gemello di nome Emilio. Siamo nati nel 1945. Ricordo che quando eravamo ragazzini nostra madre e nostro padre partivano per l’estero e quindi noi eravamo accuditi da una zia, sorella di nostro papà. Stavamo con lei fino alle vacanze estive, poi potevamo raggiungere i genitori.
Mio papà era nato a Vienna nel 1908. Vienna era una grande città, che raccoglieva tantissimi emigrati. Molti andavano lì per vendere il gelato artigianale. Anche mio padre faceva il venditore ambulante. Tutte le mattine partiva col carretto e vendeva due sorbettiere di gelato. Prima di cominciare il giro, alle cinque faceva rifornimento di ghiaccio in una grande macelleria. Poi girava tutta la capitale, andando per uffici, scuole, stadi e capitava che vendesse molto di più di quelli che avevano una propria gelateria, perché i clienti lo conoscevano, sapevano l’itinerario che seguiva e l’orario in cui sarebbe passato. Aveva un campanello per richiamarli. Poi tornava e scaricava la salamoia che aveva nel carro.

Più tardi, con un fratello purtroppo morto giovane, aveva deciso di aprire una piccola gelateria in Mariahilfer Strasse, una delle vie più famose di Vienna.

In questa gelateria io e mio fratello ci abbiamo trascorso l’infanzia. Abbiamo infatti frequentato la scuola materna a Vienna. Ricordo che all’epoca, quando avevamo tre o quattro anni, il papà ci metteva uno per sorbettiera. Allora si poteva, oggi non si può più. Poi nostro padre ha deciso di farci rientrare per le elementari e le medie. Io mi sono diplomato all’Iti nel 1967 e sono sempre rimasto in Italia come insegnante tecnico-pratico. Mio fratello, invece, dopo un periodo come meccanico alla Bmw, ha lavorato in Germania. Nel 1956, infatti, nostro padre aveva aperto una gelateria nel Nordreno-Vestfalia. In quella zona la Germania era molto ricca, aveva industrie e miniere e quindi il lavoro non mancava. Purtroppo, però, lui ci ha lasciati a soli 56 anni a causa di un infarto e così mia mamma ed Emilio sono dovuti partire per continuare a mandare avanti la gelateria. Nel 2016 hanno festeggiato i 60 anni di attività.