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Da Valmorel alla Svizzera

Giacomo De Barba nacque a Valmorel il 9 novembre 1934 e fu battezzato con il nome di Giacomino. Era il quarto di cinque fratelli. La sua era una famiglia contadina e tutti i figli, fin da piccoli, hanno dovuto dare il loro contributo al bilancio familiare. Di tanto in tanto affrontavano a piedi diversi chilometri per arrivare fino a Belluno, dove vendevano polenta e formaggio.

All’età di quattordici anni, Giacomo si trasferì con la famiglia a valle, a Limana, dove presero in gestione una fattoria. A vent’anni ebbe un’ulcera gastrica che lo costrinse a rimanere in ospedale per sei settimane. Quell’esperienza lo portò a rimanere affascinato dalla medicina, tanto che si iscrisse a un corso di formazione come infermiere a Belluno.

L’idea iniziale era quella di un’emigrazione temporanea, ma le cose andarono diversamente.

Il lungo cammino tra la fattoria paterna e la sede del corso lo percorreva sempre a piedi. Nacque così il desiderio di possedere una Lambretta per potersi spostare più agevolmente. Si presentò l’occasione di poter guadagnare in breve tempo i soldi necessari a realizzare questo desiderio. Dopo alcuni mesi di frequentazione del corso, arrivò infatti a Belluno la signora Ines Mayer, la delegata dell’allora Viscosuisse, la fabbrica di filati di Emmen, in Svizzera. La signora Mayer aveva il compito di reclutare nuovi operai e Giacomo approfittò di questa opportunità lavorativa e si candidò per un posto. Tra duecento persone, ne furono selezionate venti, e lui fu tra queste.
A ventun anni, quindi, lasciò l’Italia. L’idea iniziale era quella di un’emigrazione temporanea, ma le cose andarono diversamente.

In quel periodo a Emmen andava spesso a pranzare al ristorante Sonne. Fu lì che si innamorò di Margrith Stadelmann. Presto i due si sposarono e nel 1957 nacque la loro prima figlia, Carmen. Un anno dopo arrivò Ingrid. Nel 1965 nacque infine la terza figlia, Antonietta. Per la giovane famiglia non furono anni facili. Oltre che nel lavoro a turni, Giacomo era impegnato anche presso la libreria Stocker e nel frattempo svolgeva un percorso di formazione come capo reparto.

Nel 1983 riuscì a fare una grandiosa scoperta nel campo della ricerca sul filo, che fu successivamente brevettata. Da allora in poi lavorò nel reparto interno di ricerca e aiutò a sviluppare il monofilo, che tuttora è l’unico prodotto che l’azienda porta avanti.

Il suo vecchio sogno di ritornare in Italia dopo il pensionamento e vivere nella casa che aveva costruito negli anni ‘60 non si realizzò mai.

Il movimento era tutto per lui. Infatti, oltre al lavoro, Giacomo aveva numerose attività e hobby: andare in bicicletta, andare a sciare, andare in montagna e nuotare. Se si fossero contati tutti i chilometri percorsi, avrebbe certamente fatto più volte il giro della terra. Amava la natura, il mondo dei volatili e curava con grande amore il suo splendido orticello. Trascorreva con piacere parte del suo tempo libero presso la Missione Cattolica Italiana, dove aveva modo di incontrare i suoi amici connazionali. Cucinava con passione e deliziava centinaia di persone con la sua ottima cucina.

È stato socio, per decenni, di diverse realtà: i Donatori di sangue, gli Alpini e la Bellunesi nel Mondo. È stato per anni attivo anche nel corpo dei vigili del fuoco aziendale, dove ha conseguito il ruolo di “comandante”. Il suo vecchio sogno di ritornare in Italia dopo il pensionamento e vivere nella casa che aveva costruito negli anni ‘60 non si realizzò mai. Margrith e Giacomo rimasero in Svizzera accanto ai loro figli e nipoti.

In Italia, come in Svizzera, Giacomo non si sentiva più pienamente a casa, pertanto, più volte l’anno, lui e Margrith facevano i pendolari tra un Paese e l’altro. L’ultima volta che venne a Belluno volle assolutamente visitare, assieme ai nipoti, il MiM Belluno, il museo dell’Associazione Bellunesi nel Mondo.

Dal ricordo delle figlie

Giacomo De Barba
Giacomo De Barba