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Una vita spezzata

Faceva caldo quel venerdì del 26 luglio 1974. Avevo quindici anni. Con mia sorella di sei e i miei genitori eravamo a Belluno, in vacanza dalla Svizzera. Papà e mamma erano emigranti. Abitavamo in un paesino vicino a Berna. Mio padre era capocantiere in una ditta che si occupava della produzione di cordonate stradali.

Quel venerdì decise di fare una passeggiata sul Nevegal. Questa volta non lo accompagnai, perché dovevo incontrarmi con gli amici per ascoltare le canzoni in voga con il nostro mangiadischi. Ognuno esprimeva i suoi desideri futuri, i possibili progetti da intraprendere una volta finita la scuola. Parlavamo per ore.

Stranamente, mio padre ritardò come non era solito fare. Mia madre subito si preoccupò e di lì a poco fece scattare le ricerche, dato il perdurare del ritardo. Lo trovarono in fondo a un burrone, dove era accidentalmente scivolato. Morì sul colpo sbattendo la nuca su un sasso.

Ecco, questo mi piaceva di lui, il fatto di non arrendersi mai davanti alle piccole, ma anche alle grandi difficoltà che la vita ci riserva.

Io adoravo mio padre, avevamo anche un’affinità caratteriale che ci univa ancora di più. Mi ero inserita molto bene nella scuola svizzera e lui ne era profondamente orgoglioso. Saremmo rimasti lì per sempre se non fosse successo l’imponderabile.

Abitavamo in un piccolo e grazioso condominio con a fianco un parco giochi dove la mia sorellina si divertiva con i suoi amichetti. Qualche volta andavo nel suo ufficio e lo sentivo parlare al telefono. Parlava un discreto tedesco, ma col francese mi faceva fare certe risate! Lui diceva che l’importante è farsi capire anche se non si conosce perfettamente una lingua. Ecco, questo mi piaceva di lui, il fatto di non arrendersi mai davanti alle piccole, ma anche alle grandi difficoltà che la vita ci riserva.

Quel maledetto venerdì fu la fine della mia adolescenza. Io, mamma e Daniela, la mia sorellina, avremmo dovuto affrontare la vita senza la presenza fisica di papà, ma la forza del suo ricordo ci accompagna ancora oggi, giorno dopo giorno, e ci aiuta a superare i momenti bui. Proprio come avrebbe voluto mio padre.

Lorella Sovilla

Remo Sovilla con la moglie Irma Candeago, a Cortina nel 1957.