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La traiettoria della famiglia De Bona Sartor

di Gil Karlos Ferri

Premessa
Questo articolo propone una contestualizzazione storica dell’immigrazione italiana a Urussanga attraverso l’analisi della traiettoria della famiglia De Bona Sartor. Il periodo di riferimento va dalla seconda metà del XIX secolo, al tempo della Grande Emigrazione italiana, alla prima metà del XX secolo, con il cambiamento dei costumi di Matteo e Domenica De Bona Sartor a Urussanga. Per ricostruire questa storia sono state utilizzate diverse fonti: atti di nascita, di matrimonio e di morte, storie di famiglia, alberi genealogici, fotografie, interviste e dati antropologici. Come ogni narrazione storica, il recupero di una traiettoria familiare sarà sempre incompleto. Tuttavia, riscoprire la storia di vita degli antenati può essere una strategia per comprendere la nostra evoluzione come soggetti sociali. Gli studi genealogici e riguardanti le abitudini del passato rivelano adattamenti e innovazioni nelle dinamiche familiari, e possono lasciare in eredità l’ispirazione per cercare migliori condizioni di vita.

Famiglia De Bona Sartor: una traiettoria italo-brasiliana
Oltre agli studi genealogici, la traiettoria di una famiglia può aiutare nella comprensione dei processi storici più ampi. Nel caso di immigrazione e colonizzazione, le fonti di famiglia sono fondamentali per comprendere questo fenomeno così diffuso, ma allo stesso tempo particolare.

La famiglia De Bona Sartor ha le sue origini nella frazione di Igne (Longarone). Secondo i registri parrocchiali presenti a Belluno, gli antenati di questa famiglia hanno vissuto a Igne a partire almeno dal XVI secolo. Il cognome De Bona deriva da bona, femminile di bono, che significa buono. Sartor è una variazione dialettale di Sartore, che viene dal Sartoris latino. In generale si riferisce alla sartoria.

Matteo De Bona Sartor, punto di partenza per tracciare la storia della famiglia venuta dall’Italia in Brasile, nacque a Igne il 18 aprile 1843. Era figlio di Antonio e di Maria Bratti, di famiglia contadina. Sposò Domenica Damian il 9 aprile 1866. Ebbero sei figli nati a Longarone: Giuseppe, Francesca, Maria, Antonio, Maddalena, Cattarina, e due nati a Urussanga: Giovanni e Giacoma. Vista la complicata situazione socio-economica del periodo, Matteo e Domenica, con i figli, seguirono il destino di migliaia di italiani, decidendo di emigrare in America.

Partirono dal porto di Genova con la nave “Baltimora” e arrivarono a Rio de Janeiro il 13 febbraio 1880. Il giorno seguente la nave Rio Negro li guidò a Santa Catarina. La famiglia si stabilì in una colonia sulla linea Rio Maior, nel nucleo di Urussanga: colonia di Azambuja.

Il 13 luglio 1890, dopo la morte della prima moglie, Matteo sposò Maria Feltrin Cesconetto, che morì il 4 giugno 1921 nella località di Rio Maior, a 78 anni di età.

La narrazione continua con la traiettoria del figlio maggiore di Matteo e Domenica, Giuseppe. 
Giuseppe De Bona Sartor nacque a Igne il 17 novembre 1866. Emigrò a Urussanga nel 1880, dove nel 1885 sposò Emília Tramontin. Da questa unione nacquero tredici figli: Luigi, Domenico, Domenica, Elisabetta, Matteo, Angelo, Maria, Luiza, Lucas, Clementina, Joana, Diamantina, Amadeo.

Alla fine del XIX secolo, la famiglia di Giuseppe De Bona Sartor, proveniente da Rio Maior, fu una delle prime famiglie a stabilirsi nella regione di Sant’Anna del Alto Rio Carvão (Fiume Carbone), che attualmente si chiama Santaninha.

Dal 1940 i matrimoni inter-etnici e le migrazioni mutarono in molti modi i rapporti della famiglia De Bona Sartor in Brasile. I discendenti di Giuseppe ed Emilia, così come i loro parenti, cercarono un’ascesa socio-economica nei centri urbani come Criciúma e Tubarão. Alcuni migrarono nelle zone di montagna, nelle regioni di São Joaquim, Lages e Anita Garibaldi, altri si spostarono negli stati di Paraná e Rio Grande do Sul. Da questo periodo in poi, le nuove generazioni ampliarono la genealogia della famiglia, diversificando mestieri e costumi.

Matteo De Bona Sartor e Maria Feltrin Cesconetto. Urussanga, primi anni del ‘900.
(Collezione Claudia Maccari De Bona Sartor. Anita Garibaldi, SC, Brasile)

La famiglia di Giuseppe De Bona Sartor e Emilia Tramontin. In piedi, da sinistra a destra: Matteo, Domenico, Elizabetta, Domenica, Luigi e Angelo. Seduti: Lucas, Giuseppe, Diamantina, Emilia, Amadeo, Joana e Maria. Sant’Ana do Alto Rio Carvão, Urussanga, SC, Brasile. Anno 1914.
(Collezione Claudia de Bona Sartor. Anita Garibaldi, SC, Brasile)

Un fià di storia di Giovanni Battista Fontanella

Il primo ad arrivare in Brasile fu Gio Batta Fontanella, il fratello di Giovanni Battista. Giunto nel 1879, scrisse una lettera in Italia al padre Domenico. Nella lettera gli diceva di partire per il Brasile, dove c’erano tante terre e opportunità di lavoro.

Dunque Giovanni Battista Fontanella, che abitava a Pirago, nel 1882, all’età di undici anni, emigrò in Brasile con suo padre, la matrigna Giacoma Damian Preve (Domenico era vedovo di Catarina Bez e si risposò con Giacomina Damian, anch’essa vedova, unendo le due famiglie) e i fratelli Angelo (sedici anni) e Lucia (diciassette anni).

Attraversarono l’Atlantico (“trentasei giorni di macchina e vapore”) in cerca di nuove opportunità in America, quella “lunga e larga”.

In Italia rimase una sorella già sposata. Come avvenne agli altri emigranti, anch’essi lasciarono la loro patria, i loro vicini, gli amici e un po’ della loro anima.

Il primo posto dove si fermarono fu Rio Maior, una località della città di Urussanga, nello Stato di Santa Catarina. Successivamente si trasferirono e andarono a vivere in centro a Urussanga, in terre acquisite dalla famiglia Bez Batti.

Giovanni Battista si sposò con Maria Bez Fontana, figlia di Giacomo Bez Fontana, un’emigrata da Igne che trovò posto nel “Nuovo mondo” nella località di Rio America Baixo, nella città di Urussanga. Un posto benedetto, dove il legno, la segheria, le piantagioni e le bestie (maiali, mucche, galline) rappresentavano la fonte di sostegno economico.

Dopo il matrimonio con Maria, Giovanni imparò i segreti della carpenteria. La sua prima opera fu un “tripie”, un piccolo banco con tre piedi. Da semplice allievo, nel tempo divenne un maestro costruttore di chiese.

La chiesa madre “Santa Maria Immacolata”, l’opera più bella e il grande simbolo della città di Urussanga, ha il lavoro delle sue mani. La città di Urussanga gli ha reso omaggio il 15 Agosto 1953, apponendo sulla facciata della chiesa una targa con il suo nome, in segno di riconoscenza e gratitudine.

La coppia ebbe quattordici figli, due dei quali sfortunatamente morirono ancora bambini, vittime dell’influenza spagnola.

Mentre Giovanni faceva il muratore, Maria faceva il casaro e i suoi prodotti divennero famosi nella regione. Era molto religiosa, pregava sempre la Madonna del Caravaggio, nutrendo la speranza di un mondo migliore e più promettente.

Per tanti anni Maria, dopo la messa della domenica, fu solita andare alla birreria della famiglia Damian, che si trovava in piazza Anita Garibaldi, nel centro della città, a prendere delle birre. Riempiva la “derla” e le portava a casa.

Per ciascun figlio, in occasione del matrimonio, Giovanni e Maria, con tanto sacrificio e lavoro, riuscirono a lasciare un buon pezzo di terra e le attrezzature, i primi passi per garantire loro un futuro.

La famiglia Fontanella
La famiglia Fontanella
La targa in onore di Giovanni Battista

Urussanga

Gli emigranti del Longaronese, assieme ad altri delle zone circostanti, hanno dato i natali al comune di Urussanga, nello stato di Santa Catarina, in Brasile, nel lontano 1878 (la data ufficiale è il 26 maggio 1878). Vi giunsero dopo un esodo difficile e penoso, con un lungo trasferimento in Europa fino al porto d’imbarco ed una traversata in mare durata una quarantina di giorni fino alle coste brasiliane. 

Famiglie intere lasciarono i nostri paesi, fuggendo anni di fame e privazioni dovute a una terra arida di risorse e a una situazione politico-economica in lento sviluppo, ma lontana da un esito di sicurezza e stabilità. Essi furono indirizzati dalle autorità brasiliane in una zona lottizzata già dal 1877 dall’ing. Joaquim Vieira Ferreira alla confluenza tra il rio America e il rio Urussanga.

Sorsero così Urussanga Sede (attuale città), Rancho dos Bugres (quattordici famiglie), Rio Maior (diciannove, in massima parte oriunde da Casso), Linha Rio Maior (sei) e São Pedro (dieci). In Urussanga Sede rimasero le famiglie di Pietro Bez Batti, Giovanni Damian, Bonaventura De Bona, Francesco, Domenico e Jacintho De Bridda e Antonio De Cesero.

Durante anni di duro lavoro e sacrifici, la zona è stata trasformata da foresta e boscaglie in fertili campagne ove primeggia la coltivazione della vite (Urussanga è considerata la patria del buon vino). 

Il popolo di Urussanga realizza diverse feste durante l’anno, che attraggono visitatori da tutta la regione. La più tradizionale è la Festa del Vino, realizzata negli anni pari e sempre nella prima quindicina del mese di agosto. Negli anni dispari c’è la Festa del Ritorno alle Origini, sempre nell’ultima settimana di maggio, clou della festa il giorno 26 che è la data di fondazione del comune.

In questa stessa data si commemora lo scambio socio-culturale ed economico (gemellaggio) con Longarone. La comunità dimostra sempre più la coscienza dell’importanza di preservare le sue origini etniche tradizionali, contribuendo significativamente con le manifestazioni culturali promosse dalle numerose associazioni italo-brasiliane nel comune.

(Testo tratto da Longarone Urussanga, gemellaggio; a cura di Arrigo Galli, 2011)

Famiglia Fontanella, emigrati da Longarone a Urussanga. In piedi, da sinistra: Ângelo, Egídio, Isidoro, Jacomo, Hercílio, Adelino, Enrico. Seduti, da sinistra: Elvira, Helena, Joana, João Battista, Maria Bez Fontana Fontanella, Hermínia, Henriqueta.
(Per gentile concessione di Fernando Luigi Padoin Fontanella)

Salzen – Urussanga. Storia della famiglia Zanin

Amedeo ed Elisa con i figli

Questo è ciò che conosciamo della storia della famiglia di Avelino Zanin
Francesco e Caterina Zannin, entrambi con lo stesso cognome, vivevano a Salzen, nel comune di Sovramonte.
Vennero in Brasile nel 1881 in cerca di migliori opportunità e nuove prospettive di vita e di lavoro.
Quando arrivarono, non avevano destinazione. Erano in cerca di terra e optarono per la città di Urussanga, nello Stato di Santa Caterina, sud del Brasile. Si stabilirono nel quartiere chiamato “Stazione”, dove era presente la stazione del treno.
Ebbero nove figli: Amadeo, Fortunato, Giovanni, Pietro, Carlotta, Libera, Elisa, Maria e Alessandro.
Dopo la morte di Francesco, Caterina e i bambini si spostarono da un’altra parte. Avevano acquisito nuove terre alla “Colonia Rio Caeté”, sempre ad Urussanga.
Il primo figlio di Francesco e Caterina, Amadeo, si sposò con Elisa Marcon. La coppia ebbe dodici bambini: Francisco, Jose, Luis, Maria, Giovanni, Antonio, Angelo, Avelino, Catherine, Albina, Otavio e Ida.
Amadeo lavorò nel settore delle costruzioni in pietra: costruiva le fondamenta delle case. Inoltre, contribuì all’edificazione della chiesa di Santo Antonio a Rio Caeté e del ponte ferroviario a Laguna, un’importante città portuale a Santa Catarina.

Successivamente si dedicò all’agricoltura e al mulino di famiglia, dove si macinavano grano e mais. Fu Avelino, uno dei figli di Amadeo, ad assumersi la responsabilità di portare avanti la gestione della proprietà del padre.

Si sposò con Maria Tomasi e successivamente lavorò come minatore di carbone presso la “Companhia Carbonífera Urussanga (CCU)”. A quel tempo tanti coloni discendenti degli italiani lavoravano nell’estrazione del carbone, era la principale attività economica di Urussanga e della regione. Anni dopo, Avelino lavorò come falegname nella stessa CCU, fino alla pensione.
Fece anche l’agricoltore nella sua proprietà, come da tradizione dei discendenti degli immigranti nel sud del Brasile.

Luciane Zanin e Luiz José Zanin