Archivio di Dicembre, 2020

Umberto Lisot

Nella foto Mario, Umberto
e Alvimar Luiz Lisot nella vecchia corte di Can
Mario, Umberto
e Alvimar Luiz Lisot nella vecchia corte di Can

Nacque a Can di Cesiomaggiore (BL), il 2-6-1943, da famiglia contadina. Trascorse un’infanzia felice, in mezzo alla natura, dove venivano coltivati i più svariati prodotti della terra. All’età di nove anni si trasferì a Villa di Pria – Santa Giustina , dove la famiglia acquistò un’estesa fattoria, completa di frutteto, vigneto e bosco. Il padre desiderava che rimanesse a lavorare la terra assieme al fratello, ma Umberto capì presto che non sarebbe stata la sua professione, per cui, volendo specializzarsi, andò a frequentare, presso il rinomato I.T.I. “Segato” di Belluno, il corso serale di meccanica per due anni e, successivamente, per tornitore per altri due anni. Nel frattempo lavorava come apprendista presso la ditta Corona Giampaolo a Bettin di Salce, dove venivano costruite macchine segatronchi, squadratrici ed affilatavole. Per i primi tre mesi, essendo apprendista, non percepiva stipendio ed era tenuto ad eseguire i lavori più umili, compresa la mansione di scaldare le vivande portate da casa dai singoli operai e, al sabato, la pulizia della mensa, dei capannoni e di tutti i servizi igienici. Al momento della doccia, per lui, c’era solo acqua fredda. Finalmente percepì il primo stipendio di 3.000 lire (2.000 servivano per il viaggio).
Nel 1962, completati i corsi serali, si trasferì ad Aarau (Canton Argovia), Svizzera, dove trovò subito lavoro come operaio specializzato presso la ditta Kern (oltre 1.300 dipendenti) che costruiva strumenti ottici meccanici di precisione (livelli, teodoliti,teodoliti astronomici, macchine topografiche, strumenti militari, cannocchiali, binocoli, microscopi, compassi ed altro ancora).

Il primo impatto fu duro, per la richiesta di alta precisione e per la difficoltà di traduzione, dal tedesco, delle fasi di lavorazione. Per questo frequentò un corso di tedesco e la situazione, ben presto, migliorò. Si fece subito apprezzare dai superiori, per cui gli venivano commissionate lavorazioni specialistiche di prototipi.

Nel 1967 si sposò con Ester Casagrande che partì per la Svizzera assieme a lui subito dopo il matrimonio e che venne assunta dalla stessa ditta Kern.Nel 1968 tornì gli obiettivi per la NASA, che stava preparando la spedizione sulla luna (Apollo 9) ed in seguito gliene vennero commissionati altri, fino all’Apollo 15. Inoltre lavorò alcuni prototipi anche per l’esercito russo.

Il 1969 fu un anno da ricordare: la nascita del figlio Marco, lo sbarco sulla luna ed i 150 anni di attività della ditta Kern.
Nel 1970 ci fu la svolta e venne assunto come impiegato con la mansione di tecnico di controllo volante: doveva seguire tutte le fasi di lavorazione, fino al montaggio. La stima era reciproca e al sabato mattina, nel reparto degli apprendisti, poteva utilizzare i macchinari per costruirsi vari strumenti: dei cannocchiali, un binocolo, un telescopio, una lampada, dei soprammobili ed un orologio a muro.

Gli anni trascorsi in Svizzera furono molto belli e con tante soddisfazioni, ma c’era il desiderio di tornare in Italia. Nel 1973 nacque il secondogenito Luca e, quando egli aveva solo sette mesi, la moglie partì, con i due figli, per l’Italia e, nel 1975, anche Umberto ritornò al paese, dove subito trovò lavoro presso l’allora Zanussi di Mel, con la mansione di caposquadra, fino alla pensione.

Gli è rimasto l’amore per la natura: cura un piccolo frutteto ed ha mantenuto l’hobby di apicoltore e di tecnico apistico.

Gianluigi Bazzocco

Lostaff dell'Orient Express (linea Venezia-Londra), 1983. Il primo a sinistra è Gianluigi Bazzocco di Fonzaso, assieme a tutti i suoi collaboratori
Lo staff dell’Orient Express (linea Venezia-Londra), 1983. Il primo a sinistra è Gianluigi Bazzocco di Fonzaso, assieme a tutti i suoi collaboratori

La mia storia di lavoro ed emigrazione incomincia appena finita la quinta elementare. Non venivo certo da una famiglia ricca. Uno dei modi per avere una bocca in meno da sfamare era quello di seguire mia madre che lavorava in una albergo in Cadore. Facevo il fattorino e qualche lavoretto. Questo si è ripetuto per diverse estati, fino ai 14 anni. Terminate le medie ho deciso di frequentare una scuola alberghiera in un collegio a Trento. Finite le lezioni, durante l’estate andavo a lavorare e nel ‘66 ho cominciato come apprendista al “Bonvecchiati”. Terminato il biennio e arrivato con ottimi voti al diploma, la prima stagione l’ho fatta subito all’estero, a Stoccarda al “Graf Zeppelin”, chiamato “l’albergo della Regina” perché vi aveva soggiornato la Regina d’Inghilterra. Lì ho cominciato a conoscere vari personaggi importanti, la famiglia Bosch, ad esempio. Per una settimana ho avuto modo di seguire direttamente, assieme a un collega, l’ex famiglia reale degli Hohenzollern. E così ho appreso il modo di pormi con questo tipo di clientela. Conclusa la stagione, sono andato al Bauer a Venezia e mi sono proposto.

Ci sono rimasto per circa 19 mesi, poi ho fatto il servizio militare. Anche al Bauer ho avuto modo di conoscere diversi personaggi di rilievo, ad esempio Paola di Liegi, prima che diventasse regina, o Berrestein, che dirigeva La Fenice. Finita la naja un’amica mi ha prospettato la possibilità di andare in Germania per lavorare in gelateria. Ho accettato e ci sono rimasto per circa 18-20 mesi. Poi ancora al Bauer, e lì ho avuto l’occasione di andare in Svizzera con un collega, in un albergo situato in una stazione sciistica in cui si svolgevano anche gare internazionali e dove ho conosciuto la squadra maschile e femminile austriaca. Sono tornato a Venezia e poi di nuovo per l’inverno in Svizzera, all’albergo Metropole. Dopo un paio di mesi che ero assunto, mi hanno messo a fare lo chef de service. Dovevo gestire il ristorante, il bar della hall e il night club. Era un lavoro variegato e impegnativo, ma quando sono andato via mi hanno detto che l’avevo svolto in modo soddisfacente.

Finito il periodo al Metropole, ho preso in gestione un bar-pensione-trattoria a Farra di Feltre assieme a mio fratello, e nei week-end ci aiutava la mamma e a volte anche la nonna settantasettenne. Dopo sei anni l’ho ceduto e ho preso una pizzeria, che ho gestito per due anni. Dopodiché, mi si è aperta la prospettiva di andare a lavorare nei battelli che sul fiume Reno percorrevano la tratta Basilea-Rotterdam o Basilea-Amsterdam. Ci sono rimasto un anno. Dovevo rimanere anche il secondo e invece prima di ripartire ho trovato una pubblicità sul Gazzettino per la ricerca di personale sull’Orient Express.

Ho ottenuto il posto e ho lavorato a bordo di quel treno di lusso per sette anni. Era frequentato da un’infinità di personaggi di fama mondiale.

Facevamo la tratta Venezia-Boulogne, 3600 km circa in tre giorni. Il lavoro non era dei più semplici. Il treno era stato rifatto all’interno, ma i carrelli erano gli stessi di quando era stato costruito, perciò ballava molto ed era difficile e faticoso lavorarci. Si faceva un viaggio alla settimana, ma è capitato di farne anche tre di fila. Dopo sette anni e più di un milione di chilometri, ho gestito per 10 anni un rifugio. Era un vecchio rifugio che ho rinnovato e migliorato, raggiungendo gli obiettivi che la società proprietaria si era prefissata. Poi ho ripreso un altro ristorante nella zona di Feltre. Sono arrivato che non c’era niente e quando sono andato via si facevano più di 100 coperti a mezzogiorno, ma nei primi sei mesi non avevo davvero clienti. Dopo cinque anni, ho preso assieme a degli amici un altro locale, un bar. Ho anche deciso che volevo proseguire i miei studi. La sera andavo a lezione e ho conseguito il diploma alberghiero vero e proprio a Falcade. Poi mi è venuto il pallino dell’Università, e ho deciso di frequentare a Castelfranco dei corsi di Scienza e Cultura della Gastronomia e della Ristorazione. Ho chiuso l’attività, mi sono iscritto e tre anni dopo mi sono laureato.

Il profumo di Cornolade bassa

Celestino De Francesch

Cornolade Basse è una piccola frazione di Ponte nelle Alpi in provincia di Belluno. E’ un paesino aggrappato alle pendici del Col Visentin dal lato del lago di Santa Croce in comune di Alpago. È un posto incantevole, da qui si possono ammirare tutte le montagne della splendida conca dell’Alpago: dal Dolada al Teverone, dal Guslon al Cansiglio. E poi c’è il lago di Santa Croce dove tutto questo incanto si rispecchia nelle sue azzurre acque.

Il 23 novembre 1938 nasceva in Cornolade Basse Celestino De Francesch. Esiste ancora la sua casa natale, ora ristrutturata ed abitata dal nipote Valerio Mambretti con sua gentile sig.ra Sandra Zanon, tre figli e da qualche giorno uno splendido nipotino.

Ultimo di sette fratelli, orfano di padre in tenera età, Celestino parte a soli 16 anni per la Svizzera dove lavora come scalpellino in due cantieri del Vallese.

Nel marzo del 1960 , terminato il lavoro in Svizzera, Celestino parte per la Germania con un contratto di lavoro, sempre come scalpellino, nelle cave del paese di Weiler per un anno e per altri tre nel paese di Dietenhausen. Nel 1965 inizia il lavoro nell’edilizia come operatore di gru fino al 1998, quando termina la sua occupazione a causa di una grave malattia.

Nel novembre del 1967 sposa la cittadina tedesca Waltraud Wollmer che lo rende felice papà di Nora . Ora risiede, con la famiglia, a Dietenhausen. Non appena gli è possibile Celestino torna nella sua terra natale, dove ci sono ancora tanti amici e tanto affetto.

Lo vediamo nella foto accanto al Presidente Oscar De Bona ed altre autorità, alla festa “scarpona” di Malolt nella frazione di Cornei – Puos in comune di Alpago.

Ivan Burigo

Ivan Burigo
Ivan Burigo

Ho frequentato la scuola alberghiera a Falcade per tre anni. Dopodiché, ho cominciato a fare l’aiuto cuoco all’Hotel Danieli di Venezia, come stagionale, e nei mesi invernali lavoravo a Cortina. Poi sono passato all’Hotel Cipriani, dove ho lavorato per 14 anni. L’Hotel era aperto da aprile a ottobre, e negli altri mesi mi mandavano in giro per il mondo. Sono stato diverse volte negli Stati Uniti, in Australia, in Thailandia. Mi è sempre piaciuto vedere posti nuovi, per cui accettavo volentieri queste proposte. Nel 1991 sono stato contattato dalla Honda, per un lavoro in Giappone. Inizialmente non ci volevo andare, perché era lontano e non mi piaceva nemmeno molto come posto. Però mi proposero di aprire un ristorante nel circuito di Suzuka e io sono sempre stato appassionato di motori. Il contratto doveva essere di due anni, perciò ho detto “provo”, e alla fine mi sono fermato per 22 anni.

Nel ‘98, infatti, mi hanno proposto, sempre per la Honda, di aprire anche un ristorante a Tokyo, e così ho deciso di fermarmi stabilmente in Giappone.

A Suzuka lavoravo nel circuito di Formula 1 e del Motomondiale e avevamo aperto un ristorante italiano. Quando c’erano le gare arrivavano i grandi personaggi e dovevamo fare un menù di un certo tipo. Una volta, però, ho deciso di proporre un piatto tipico bellunese: polenta pastin e formai. Fu un successo talmente grande che poi dovetti ripeterlo.

Mi producevo il formaggio e i salami e mi seminavo l’orto, e poi facevo radici col lardo. I clienti apprezzavano molto. Il terremoto del 2011, tuttavia, con il conseguente disastro nucleare, mi ha provocato una grandissima paura, perciò ho deciso di rientrare. Nel frattempo, dei miei cugini che vivono in Venezuela mi hanno chiesto di collaborare con loro che stavano aprendo a Calabozo (a circa 200 km da Caracas) una struttura con 125 stanze, un 5 stelle. Ho fatto un sopralluogo e ho deciso di andare. Poi purtroppo è cominciata la crisi attuale nel Paese, ma speriamo che tutto si rimetta a posto, anche se sicuramente ci vorranno anni.

Tantissimi italiani stanno andando via, non solo i giovani, anche i vecchi, quelli che sono lì da molti anni. Caracas è la città più pericolosa al mondo. Questo dà molta tristezza e rabbia, perché il Paese è bellissimo e avrebbe tutto. Prima, quando venivo in Italia, portavo in Venezuela dei souvenir. Ora mi chiedono se posso portare sapone, deodorante, perché mancano i beni di prima necessità. È un paese sull’orlo del tracollo e temo anche che possa scorrere molto sangue. Comunque la mia idea è quella di rimanere, perché ci sto bene, il lavoro mi dà soddisfazione e ci stiamo anche ampliando. Però vedrò come si evolve la situazione.

Ovviamente, tengo alla mia vita e lì è molto rischioso. Una volta smesso di lavorare, la vecchiaia la vorrei comunque trascorrere a Belluno. Ho girato parecchio, ma nella nostra provincia si sta benissimo, e l’ho riscontrato anche con tanti amici da fuori che ci sono venuti.