Ivan Burigo

Ivan Burigo
Ivan Burigo

Ho frequentato la scuola alberghiera a Falcade per tre anni. Dopodiché, ho cominciato a fare l’aiuto cuoco all’Hotel Danieli di Venezia, come stagionale, e nei mesi invernali lavoravo a Cortina. Poi sono passato all’Hotel Cipriani, dove ho lavorato per 14 anni. L’Hotel era aperto da aprile a ottobre, e negli altri mesi mi mandavano in giro per il mondo. Sono stato diverse volte negli Stati Uniti, in Australia, in Thailandia. Mi è sempre piaciuto vedere posti nuovi, per cui accettavo volentieri queste proposte. Nel 1991 sono stato contattato dalla Honda, per un lavoro in Giappone. Inizialmente non ci volevo andare, perché era lontano e non mi piaceva nemmeno molto come posto. Però mi proposero di aprire un ristorante nel circuito di Suzuka e io sono sempre stato appassionato di motori. Il contratto doveva essere di due anni, perciò ho detto “provo”, e alla fine mi sono fermato per 22 anni.

Nel ‘98, infatti, mi hanno proposto, sempre per la Honda, di aprire anche un ristorante a Tokyo, e così ho deciso di fermarmi stabilmente in Giappone.

A Suzuka lavoravo nel circuito di Formula 1 e del Motomondiale e avevamo aperto un ristorante italiano. Quando c’erano le gare arrivavano i grandi personaggi e dovevamo fare un menù di un certo tipo. Una volta, però, ho deciso di proporre un piatto tipico bellunese: polenta pastin e formai. Fu un successo talmente grande che poi dovetti ripeterlo.

Mi producevo il formaggio e i salami e mi seminavo l’orto, e poi facevo radici col lardo. I clienti apprezzavano molto. Il terremoto del 2011, tuttavia, con il conseguente disastro nucleare, mi ha provocato una grandissima paura, perciò ho deciso di rientrare. Nel frattempo, dei miei cugini che vivono in Venezuela mi hanno chiesto di collaborare con loro che stavano aprendo a Calabozo (a circa 200 km da Caracas) una struttura con 125 stanze, un 5 stelle. Ho fatto un sopralluogo e ho deciso di andare. Poi purtroppo è cominciata la crisi attuale nel Paese, ma speriamo che tutto si rimetta a posto, anche se sicuramente ci vorranno anni.

Tantissimi italiani stanno andando via, non solo i giovani, anche i vecchi, quelli che sono lì da molti anni. Caracas è la città più pericolosa al mondo. Questo dà molta tristezza e rabbia, perché il Paese è bellissimo e avrebbe tutto. Prima, quando venivo in Italia, portavo in Venezuela dei souvenir. Ora mi chiedono se posso portare sapone, deodorante, perché mancano i beni di prima necessità. È un paese sull’orlo del tracollo e temo anche che possa scorrere molto sangue. Comunque la mia idea è quella di rimanere, perché ci sto bene, il lavoro mi dà soddisfazione e ci stiamo anche ampliando. Però vedrò come si evolve la situazione.

Ovviamente, tengo alla mia vita e lì è molto rischioso. Una volta smesso di lavorare, la vecchiaia la vorrei comunque trascorrere a Belluno. Ho girato parecchio, ma nella nostra provincia si sta benissimo, e l’ho riscontrato anche con tanti amici da fuori che ci sono venuti.

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