Gildo De Bortol, padre e marito
Gigliola De Bortol con la madre desiderano pubblicare la testimonianza di Gildo De Bortol (padre e marito): emigrante in Svizzera per ben 30 anni. Questo scritto è stato steso da Gildo poco prima della sua morte avvenuta il 28 agosto 2009.
“Mi chiamo Ermenegildo De Bortol. Sono nato a Trichiana in provincia di Belluno nel 1934.
Nel 1954 sono partito per andare in Svizzera a lavorare in una ditta edile; mi sono fatto mandare, per interessamento di mio fratello, il contratto di lavoro e il permesso della “Polizia stranieri” obbligatori a quel tempo.
Verso la fine del mese di aprile sono partito per Zurigo via treno con fermata a Chiasso. Passo la dogana e alcuni responsabili della polizia degli stranieri mi portano in un altro luogo, distante circa due chilometri dalla stazione, per la visita – obbligatoria – sanitaria: quelli che non reputavano sani venivano rimandati in Italia.
Arrivato a Zurigo sono andato subito al distretto di Polizia per stranieri per presentare la carte sanitarie che mi erano state rilasciate a Chiasso.
Come abitazione avevo una baracca che era stata scartata dai militari perché vecchia e rotta. In molti fori entrava anche dell’aria. C’era una stufa a legna dove veniva scaldata l’acqua per il bagno. Si lavava la biancheria in un mastello. Eravamo gruppi di quattro, sei persone e ognuno aveva il proprio compito: chi andava a fare la spesa, chi cucinava, chi lavava i piatti e così via. Il 1° maggio 1954 fu il mio primo giorno di lavoro in Svizzera. La paga era di 2,97 franchi all’ora. La stessa paga era riportata nel contratto.
Nel 1957 è nata in Italia mia figlia. Non ho potuto farle frequentare l’asilo (Kindergarten) e di seguito le elementari in Svizzera perché, per i figli nati in Italia non c’era il permesso. Il “permesso annuo” veniva rilasciato solo dopo dieci anni; questo almeno per i nati fuori dalla Svizzera. Io avevo il permesso di soggiorno per tre mesi all’anno.
Ermenegildo De Bortol