Italiani brava gente? Discriminazione dell’immigrato italiano in Argentina tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo.
Italiani brava gente? Non sempre. La Costituzione Argentina emanata nel 1853 non fa differenza: qualsiasi immigrato europeo può entrare nel paese purché lavori e contribuisca allo sviluppo economico sociale. Eppure, il governo argentino ha ben in testa i suoi progetti. L’europeo tedesco, francese e svizzero sono i prescelti: portano capitale e sono grandi lavoratori. L’italiano e lo spagnolo, ovvero i latini, secondo lo stereotipo di quel periodo, sono indolenti e ostili al lavoro. Nonostante ciò, quando l’immigrazione diventa spontanea e non più controllata, l’italiano arriva in massa. Per quanto molti abbiano avuto fortuna in Argentina, altri hanno miseramente fallito. Questa seconda categoria ha favorito la discriminazione tanto che l’Argentina verso la fine del XIX secolo inizia a desiderare il ritorno della natura, alla tradizione del gaucho, figure che precedentemente avevano rappresentato la barbarie nei confronti della città portatrice di cultura. L’immigrato, se prima era il privilegiato, ora (quello povero) è considerato come un individuo corrotto moralmente, impedisce il miglioramento della società ed è quindi una minaccia per lo sviluppo della nazione. I ruoli si invertono e ora la sua figura da civilizzata passa a barbara. Laura Oliva Gerstner scrive un saggio che tratta la discriminazione dello straniero in Argentina nella letteratura. Lei stessa afferma: “el problema de la otredad tomaba nuevas formas y direcciones, pero su ámbito de enunciación continuaba siendo lo mismo”. Ovvero: le categorie per definire l’inferiorità dell’altro rimangono le stesse, solo cambia la vittima. Questo odio verso determinati individui (in questo caso l’immigrato), infatti, non è una novità e può essere considerato come la continuazione del razzismo verso l’indio. Se prima la città corrispondeva all’idea di civiltà, ora rappresenta il caos ed è lo scenario maggiormente indicato per fomentare l’odio contro lo straniero.
In generale, gli immigrati latini sono i più controllati perché considerati biologicamente inferiori. Gli italiani sono un gruppo poco definito. Nel senso che si inseriscono nella società in quanto la influenzano con la lingua, cultura, tradizioni, ma si isolano fra di loro perché creano una propria comunità, teatri, giornali, banche… Alcuni fanno veramente fortuna. Ma per coloro che falliscono, un metodo semplice è ricorrere all’illegalità per cercare di sopravvivere. Sono soprattutto italiani e spagnoli ad essere accusati di violenza e a soffrire il razzismo. Eugenia Scarzanella descrive la situazione dell’italiano immigrato in Italiani malagente: immigrazione, criminalità, razzismo in Argentina, 1890-1940. Si passa dalla simpatia verso lo straniero, giudicato più laborioso e più colto rispetto ai nativi, alla diffidenza nei suoi confronti perché avido, materialista e portatore di idee pericolose. Da notare che tanti italiani appartengono al movimento anarchico e molti vengono cacciati dalla penisola in quanto considerati pericolosi. I nostri connazionali sono accusati soprattutto di avarizia e ignoranza anche se in generale si pensa che la razza latina abbia un’alta predisposizione all’omicidio.
Una parte degli immigrati è composta dai poveri, dalle prostitute, dai mendicanti e vagabondi. Parassiti della società, non adatti ad impegnarsi in un lavoro reale. C’è chi per racimolare un po’ di soldi ruba o diventa vittima del gioco. La loro inferiorità sociale ed intellettuale è data dai tratti fisici dall’uso del linguaggio come il lunfardo, simbolo di sottosviluppo perché idioma primitivo ed incomprensibile. Inoltre, sembra che spagnoli e italiani siano i più presenti nei manicomi.
Pure le madri italiane vengono accusate. Loro, che dovrebbero essere il pilastro della famiglia e dei valori, trascurano i loro bambini perché “distratte” dal lavoro. I padri, invece, sono soggetti al vizio dell’alcool. Di conseguenza, i bambini crescono per le strade, sviluppano un’indole aggressiva o, addirittura, criminale, e molto spesso vengono sfruttati per lavorare. È frequente trovare dei bambini vagabondi dormire per le strade. E sono soprattutto italiani.
Anche vivere in un posto sporco e povero corrompe la psiche e aumenta la criminalità. Un esempio è il conventillo, casa composta da tante stanze zeppe di immigrati. Il sovraffollamento produce scarsa igiene e, di conseguenza, malattie fisiche e mentali. Come già citato, gli italiani tendono a restare con i propri connazionali o solo con gli immigrati europei; in questo modo, però, non hanno la possibilità di inserirsi nella società e diventare argentini.
Curioso come al giorno d’oggi, l’opinione sia cambiata ancora una volta e sia tornata ad un giudizio positivo…
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Gerstner, Oliva Laura (2013), “La estigmatización del inmigrante. Xenofobia literaria a finales del siglo XIX en Argentina” en Revista digital de la Escuela de Historia, año 5, n.9, Facultad de Humaninades y Artes, Universidad Nacional de Rosario.
Scarzanella, Eugenia (1999), Italiani malagente: immigrazione, criminalità, razzismo in Argentina, 1890-1940, F. Angeli, Milano.