Orazio Zanolla

Orazio Zanolla

“Nell’inverno del 1937 i miei genitori decisero di fare un nuovo viaggio in Italia. Per questo bisognava andare tutti a Saint Pierre d’Entremont dove c’era la corriera fino a Echelles (Savoia), poi prendere la coincidenza fino a Chambery. Ma come fare per andare e di buon mattino sulla strada coperta di neve e camminare per cinque chilometri fino a Saint Pierre d’Entremont, soprattutto con tre bimbi di cui io, il maggiore, di appena dieci anni? Tutto però andrà bene con il pagamento di un supplemento: l’autista della corriera accetta di venire a casa a prenderci.

Eccoci sul marciapiede della stazione di Chambery aspettando il treno Bordeaux-Milano. E’ incredibile, ma in questo periodo esisteva un treno che collegava le due città.  Penso che questa relazione ferroviaria fosse dovuta al fatto che, dopo la prima guerra mondiale, il governo francese aveva chiamato certe popolazioni italiane, fra le altre anche venete, a venire a lavorare nel sud-ovest francese a cui mancava mano d’opera (…). Alla nostra discesa dal treno, all’arrivo nella capitale lombarda, faccio la scoperta dell’immensa stazione tutta recente, che era, e che è sempre, bisogna riconoscerlo, degna d’interesse per le dimensioni dell’edificio, l’altezza della vetrata, il gran numero di binari, la moltitudine di viaggiatori, l’immensità della tettoia con le botteghe e soprattutto, esposto in una vetrina, il modello illuminato del transatlantico italiano “ Rex “, che da poco tempo aveva conquistato il nastro azzurro della traversata dell’Atlantico.

Il tragitto seguente fu abbastanza breve dal momento che ci fermavano a Verona per fare visita a zia Sofia Zerbato che abitava in questa città dove mio zio lavorava in un ufficio. Allorché uscimmo della stazione, il cielo di Verona era illuminato dai bagliori rossi di un incendio. Era un’ importante segheria che bruciava nella periferia della città (…). Verona, Padova, poi Santa Giustina Bellunese: il percorso fu abbastanza breve. Nel pomeriggio arrivammo a Marsiai per ritrovarci nella gioia degli abbracci. C’era mia nonna paterna e mia zia Giovanna che ci aspettavano sulla soglia della casa paterna. Nell’ alloggio di fronte, mia nonna materna, mio zio Giorgio e la sua giovane sposa Olga erano ugualmente pronti a salutarci (…).

Nella camera che m’era stata assegnata e che era quella dello zio Ernesto ritrovai con gioia sotto il grande letto la provvista abituale di frutti e di uva secca che mi aveva fatto molto piacere due anni prima durante il viaggio precedente . Ancora oggi ho in memoria il ricordo delle serate passate nella stalla. Era inverno, in questo periodo dell’anno i giorni erano brevi, di più faceva molto freddo. A Marsiai si aveva l’abitudine di ritrovarci tra vicini, dopo la cena della sera, nella stalla per passare la serata approfittando così del calore del bestiame. Gli adulti chiacchieravano, i bambini giocavano nel fieno o negli angolini scuri. La serata finiva sempre con la recita del rosario o delle litanie. Era mio zio Giorgio che conduceva la preghiera iniziando solo con “Pater Noster” o “Ave Maria”; il resto dell’assemblea rispondeva in coro la seconda parte della preghiera; tutto questo in un profondo silenzio e un grande fervore.

Di questo viaggio del febbraio 1937 alcuni aneddoti mi sono rimasti in mente. In particolare un leggero equivoco fra mio padre e mia nonna durante una conversazione sul nostro viaggio. Mio padre ha parlato della città di Chambery, ma con il suo accento italiano si capiva “Sanberi”, e mia nonna che conosceva tutti i santi italiani ci domandava “Ma chi è questo santo che non conosciamo qui in Italia ?”.

Orazio Zanolla

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