Un Natale pieno di speranza – parte 2
Ecco la seconda parte della storia. La prima è disponibile QUI.
Al mattino, alle prime luci del sole, ecco la sveglia dei tropeiros, le guide locali che con i muli accompagnavano le famiglie al Campo dos Bugres. Qui, un “baracon” di legno grezzo, in mezzo alla foresta, accoglieva le famiglie destinate alle colonie. Oggetti e bambini più piccoli venivano posti su muli, in delle ceste. Così fu per Antonia, di cinque anni, e per Domenico, di dodici mesi. Andrea, di dodici anni, andava a piedi assieme agli adulti, avanti per una stradina accanto alla foresta vergine. Gli uomini portavano i machete per tagliare i rami, procedendo sui sassi, attraversando fiumi, sotto il sole e la pioggia, con il pericolo degli animali: serpenti, zanzare, scimmie, giaguari, tigri, finché, ecco spuntare il “baracon dei bugri a Caxias”. Era il 20 dicembre del 1876.
Mancava tutto, ma Dio aveva lasciato il pinhão…
Qui molte famiglie, sopratutto donne e bambini, aspettavano il giorno di partenza per il lotto di terreno promesso. Gli uomini erano andati avanti prima, assieme alle autorità, per vedere i terreni. Dopo la decisione sul posto, si iniziava presto a tagliare il mato, abbattere la foresta, cercare di costruire una baracca primitiva di legno per proteggere la famiglia. I primi mesi in colonia erano stati molto difficili. Mancava tutto, ma Dio aveva lasciato il pinhão, il frutto dei pini presenti in abbondanza, e quello fu la salvezza di molti Italiani, assieme alla caccia e alla pesca.
Partiti dall’Italia in cinque, in meno di cinque mesi si erano ritrovati in tre.
Per i bambini, però, non c’era latte. Non resistevano alle malattie, alle puntare degli insetti, alla variazione climatica, alla stanchezza dei viaggi. Domenico, il bimbo di tredici mesi, era morto a gennaio nel 1877. La tristezza aveva invaso la famiglia. Di notte l’assaliva un pensiero: «Che cosa abbiamo fatto?». Ma ormai non era più possibile tornare indietro. Tre mesi più tardi, quello stesso anno, era morta anche Antonia, di cinque anni. Partiti dall’Italia in cinque, in meno di cinque mesi si erano ritrovati in tre.
A giugno, però, era nato Giovanni, primo figlio in terra brasiliana. Nel 1879 era arrivata Maria, mentre nel 1890 Andrea, il primogenito, si era sposato con Angela Zatti, italiana di Sospirolo. Nel 1901 era stata la volta di Maria, sposatasi con Domenico Silvestrin, e nel 1904 di Giovanni, unitosi ad Amalia Cassol, di San Gregorio. Giovanni e Amalia si trasferirono a Nova Prata, poi a Lagoa Vermelha e infine a Erechim, dove nacquero i loro dodici figli, i quali – imparato a camminare e a parlare – si diffusero per il Brasile, in cerca di nuove terre più fertili, più grandi, colonizzando nuovi stati come Santa Catarina, Paraná, Mato Grosso do Sul, Mato Grasso, Rondonia, Roraima, Pará, Amazonas.
Oggi, soltanto nel ramo famigliare di Giovani e Amalia, c’e un totale di oltre mille discendenti, che ancora si moltiplicano. Tutti brasiliani sì, ma con radici profonde in Italia.
Isair Dallazen, nipote di Giovanni e Amalia