Evaristo Menegon e Maria Rita Zuco. Ricordi di emigrazione in Svizzera

Correva l’anno 1963 quando Evaristo, di Alano di Piave, nato il 28 dicembre 1946, decise di andare a passare le feste natalizie e il suo diciassettesimo compleanno dai fratelli, in Svizzera da parecchio tempo. Non pensava neppure lontanamente che quel viaggio gli avrebbe aperto delle porte fino a quel momento sconosciute. Aveva vissuto sempre ad Alano, dove dopo le elementari aveva frequentato la scuola di muratore.
Eccolo arrivare a Zurigo e quindi a Räterschen, un piccolo paese nel quale già vivevano la sorella – coniugata e con figli – e il fratello. Il 28 dicembre gli fecero una grande festa. Parlando del più e del meno finirono con il chiedergli: «Perché non resti qui?». Evaristo non pensò né al lavoro di muratore in Italia, che gli piaceva tanto, né ai genitori, e rispose in modo affermativo. Fece la visita medica, tutti i documenti necessari e andò a lavorare alla papierfabrik, la cartiera.Dopo un anno cambiò mestiere e passò a un’impresa edile di Räterschen, la Landgart & Valdvogel. Vi rimase per 15 anni, sempre ben voluto dai datori di lavoro, tanto da diventare presto, per la sua bravura e onestà, capocantiere. Prese la patente e comprò la macchina. Decise anche di ottenere la licenza media alla scuola serale italiana e il diploma di congegnatore meccanico. Nel frattempo, studiò da autodidatta il francese, lo spagnolo e naturalmente il tedesco. Viaggiò parecchio in Austria, in Francia e in Spagna.

Per le feste tornò sempre dai genitori a bordo della sua bellissima Volvo, che cambiava spesso e volentieri. D’inverno il luogo di lavoro era molto freddo, con neve e ghiaccio, ma Evaristo non si lamentò mai. Anzi, fu sempre contento e sereno, anche se ogni anno doveva sottoporsi a una nuova visita medica. La Confederazione Elvetica voleva infatti accertare lo stato di salute di tutti gli stranieri. Passati dieci anni ebbe diritto al permesso di soggiorno permanente, ma mai gli venne l’idea di rinnegare la sua patria per ottenere la cittadinanza svizzera.

Nel settembre del 1972, a casa di un amico, conobbe Maria Rita Zuco, una ragazza di 22 anni che viveva a Winterthur con i genitori. Maria Rita era diplomata in Italia come Perito aziendale, ma lavorava nella cucina dell’ospedale e la sera studiava il tedesco per stranieri. I due ragazzi fecero subito amicizia. Lui da Räterschen andava spesso a trovarla a Winterthur. Dopo qualche tempo, Maria Rita si dimise dall’ospedale e trovò impiego alla Volg, un grande ingrosso per l’agricoltura. Lavorava nella posta privata dell’azienda.
Nel luglio 1974 i due giovani si sposarono a Catania, luogo di origine della famiglia Zuco. Tornati in Svizzera dopo le nozze, si trasferirono in un bell’appartamento con tutte le comodità a Räterschen. Comprarono i mobili nuovi e furono felici. Maria Rita prendeva il treno la mattina alle 7 per arrivare sul posto di lavoro e si impegnava alacremente fino alle 17.30. Il lavoro al Postabteilung, il dipartimento postale, era appagante, era rispettata da tutti per la sua precisione, onestà e sveltezza. Era responsabile per il Kanton Thurgau e, ben preparata com’era al lavoro d’ufficio, non commetteva mai errori. Purtroppo perse il suo primo bambino quando era incinta da tre mesi e mezzo. Per lei fu un dolore fortissimo, poiché lo vide: era un maschietto, lungo sei centimetri, con i capelli neri.

Comunque, anche questo brutto momento passò, per lasciare spazio, tre mesi più tardi, a una nuova gravidanza.

Il 7 luglio nacque una bellissima bambina: Jeannette. Per il battesimo arrivarono molti famigliari dall’Italia, fu una grande festa. Dopo sei settimane dalla nascita e due settimane di ferie, Maria Rita dovette tuttavia tornare al lavoro. In Svizzera non esiste il permesso di maternità. La bambina venne iscritta al miglior asilo nido della città, visto che nessuno dei parenti volle accudirla. Fu un periodo intenso, la piccola veniva accompagnata al nido alle 6 del mattino, per tornare a casa alle 6 di sera. Maria Rita si stancò molto e finì con l’incappare in una depressione post parto. Venne ricoverata in ospedale e dovette assentarsi dal lavoro per sei mesi. Tornata alla Volg, pian piano le balenò, assieme ad Evaristo, l’idea di un ritorno in Italia. Quando la bimba aveva due anni e mezzo, comprarono un appartamento a Quero e il 27 marzo 1979 fecero rientro in patria, nella casa dove vivono tuttora.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *