Il massacro di Ludlow
I never will forget the look on the faces / Of the men and women that awful day / When we stood around to preach their funerals / And lay the corpses of the dead away. “Non dimenticherò mai lo sguardo sui volti / Degli uomini e delle donne quel terribile giorno / Quando ci fermammo a predicare i loro funerali / E deponemmo i cadaveri dei morti”.
È un verso della canzone Ludlow Massacre, di Woody Guthrie, canzone che ricorda il massacro di Ludlow, in Colorado, avvenuto il 20 aprile del 1914.
It was early springtime when the strike was on, cantava Guthrie. “Era inizio primavera quando lo sciopero era in corso”. They drove us miners out of doors / Out from the houses that the Company owned, “Hanno cacciato noi minatori fuori di casa / Fuori dalle case che la Compagnia possedeva”, We moved into tents up at old Ludlow, “Ci siamo trasferiti nelle tende nella vecchia Ludlow”.
Lo scenario è questo. I minatori di Ludlow sono in sciopero. Protestano per il trattamento riservato loro dai proprietari delle miniere e dalle loro guardie private, e soprattutto per la situazione di insicurezza nella quale sono costretti a lavorare.
… le famiglie dei lavoratori erano state sloggiate dalle case dove abitavano, di proprietà delle compagnie minerarie. Si erano rifugiate in un accampamento nonostante le temperature rigide…
«Agli inizi del Novecento – scrive Enzo Caffarelli nel Dizionario enciclopedico della migrazioni italiane nel mondo – il tasso di incidenti mortali nelle miniere del Colorado era circa il doppio della media nazionale».
Le proteste dei lavoratori vengono represse con i metodi più brutali. Ed è così che avviene il tragico episodio ricordato nella canzone. «A causa dello sciopero – ricorda ancora Caffarelli – le famiglie dei lavoratori erano state sloggiate dalle case dove abitavano, di proprietà delle compagnie minerarie. Si erano rifugiate in un accampamento nonostante le temperature rigide, su un terreno pubblico coperto dalla neve».
Ai proprietari (guidati dalla Colorado Fuel and Iron Company), però, non bastava aver lasciato i dipendenti in mezzo a una strada. «Con un attacco ben organizzato – riporta Caffarelli – le guardie spararono sull’accampamento e poi gli diedero fuoco, provocando la morte di venti persone, di cui dodici fra donne e bambini. I lavoratori in sciopero erano italiani, greci, slavi e messicani. Tra i cognomi italiani delle vittime: Bartolotti, Pedregon, Petrucci, Rubino».
Nei giorni successivi, altre persone coinvolte nelle proteste furono sequestrate e assassinate.
We took some cement and walled that cave up / Where you killed these thirteen children inside / I said, “God bless the Mine Workers’ Union,” / And then I hung my head and cried. “Abbiamo preso del cemento e murato quella caverna / Dove sono stati uccisi quei bambini / Ho detto: “Dio benedica il sindacato dei minatori” / Poi ho abbassato la testa e ho pianto”.