Le vittime dell’Arandora Star

Lo scenario è quello della Seconda guerra mondiale. La data è il 2 luglio del 1940. Protagonisti – loro malgrado – ottocento uomini diretti in Canada. 
Sono questi gli elementi di un tragico episodio della nostra emigrazione. Prima, però, gli antefatti. 

Il 10 giugno di quell’anno l’Italia aveva dichiarato guerra alla Gran Bretagna. I connazionali emigrati nel Paese divennero improvvisamente nemici e potenziali spie. Molti furono incarcerati perché, assieme agli immigrati tedeschi, ritenuti fiancheggiatori di Italia e Germania. Tanti, in realtà, erano antifascisti e profughi in fuga dal nazifascismo, così come – tra quanti erano espatriati da diversi anni – padri di soldati dell’esercito britannico.

Il governo di Sua Maestà diede ordine di caricare a bordo dell’Arandora Star – un transatlantico requisito per esigenze belliche – migliaia di internati, tra cui circa settecento italiani e cinquecento tedeschi: accusati di spionaggio, avrebbero dovuto scontare la loro detenzione in Canada.

Per settimane l’acqua continuò a portare a riva i corpi di italiani, tedeschi e britannici

Il 30 giugno i prigionieri furono portati a Liverpool per essere imbarcati. Il 1° luglio la nave lasciò il porto. Il giorno dopo, il disastro. 75 miglia a ovest dell’Irlanda, l’Arandora Star venne silurata da un sottomarino tedesco. Centinaia di passeggeri furono tratti in salvo da un cacciatorpediniere canadese. Per ottocento, però, fu la fine. Tra le vittime, quattrocentoquarantasei erano italiani. Per settimane l’acqua continuò a portare a riva i corpi di italiani, tedeschi e britannici, soldati – questi ultimi – sul transatlantico per sorvegliare i deportati, e affondati insieme a loro.

«Il numero di cadaveri ritrovati sulle spiagge irlandesi – scrive Michael McRitchie, in un reportage uscito sul Belfast Telegraph nel giugno del 2015* – fu tale che le cittadine dovettero riaprire i vecchi cimiteri, alcuni risalenti alla carestia di quasi cento anni prima. Era impossibile fare gli esami su tutti i cadaveri, così ai medici locali fu detto di autorizzare comunque la sepoltura delle vittime».

In ricordo dei caduti esiste a Glasgow, in Scozia, dal 16 maggio 2011, l’Italian Cloister Garden, un monumento situato nei pressi della St Andrew’s Cathedral. In Italia, tre vie fanno memoria delle vittime dell’Arandora Star: a Parma, a Taleggio (provincia di Bergamo), e a Bardi (provincia di Parma), il comune con il più alto numero di morti nella tragedia. 

*Riportato in In cerca di fortuna. L’emigrazione italiana dall’ottocento a oggi sulla stampa di tutto il mondo; Internazionale, 2020

1 juillet 1931 – L’Arandora Star quitte Immingham en Norvège (Photo J. B. Helsby)
Di James Barrow Helsby (1862- 14 December 1943) – Documentation personnelle, Pubblico dominio, commons.wikimedia.org



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