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«Regna in questo continente un morbo contagioso»

Lettera spedita da Brusque (Santa Catarina, Brasile) a Fonzaso.
(Per gentile concessione di G.Vieceli, Fonzaso)

Carissimi fratelli

Brusque li 10 agosto 1895

Con questo picolo folio vengo a notificarvi lotimo statto di mia salute unitamente amio marito ed fili, e così pure voria sperare che sarà di voi tutti di familia.

Laltro giorno con soma consolazione riceviamo la vostra tanto desiderata letera, nela quale intesi che godete buona salute tutti di familia, di questo ci congratuliamo molto, ancora abiamo avuto la triste nuova della perdita di nostra cara madre. 

O cara Madre siamo certi che il Cielo vi avrà acolto nelle sue sedie per godere la gloria in sempiterna, da tante fatiche meritatta. O! quanto dolore provò il mio cuore di tal notizia, e vero che tutti abiamo Amorire ma almeno potersi dare l’ultima gocia d’aqua e chiudersi gli ochi per letternità, ma questo Idio non celà concessa sollo ci resta di unire le nostre orazioni apresso il signore che dia ad essa etterno riposo.

In quanto a noi la va meno male, siamo tutti sani fora una filia di nome Angelina che patiscono un brutissimo male deto il mal cadutto, tutti i giorni è abattuta dal deto male tre o quatro volte e non si trova rimedio alcuno per poterla aliviare; per il resto la stichiamo meno male quantunque sia cangiata la situazione di cose anche qui in Brasile, specialmente da tre anni acuesta parte vano sempre pegiorando, regna in questo continente un morbo contagioso che sono una guera fraticida tra i due partitti, riboluzione da una parte e dal’altra, lo statto pieno di convulsone, i generi carissimi fino algi ultimi ecessi, il cambio ribassò incridibilmente, si può dire che ora con dieci mil reis non si compera più nula, cincue anni prima un mil reis valeva 2 lire e 50 centesimi in oro, ora vale 65 centesimi, una terza parte incirca;

da vivere poi ne faciamo abastanza, e siamo anche contenti del nostro statto, delgi avanzi non sene può fare essendoché abiamo una familia groseta e i filioli ancora picoli, non si può avere dei ressultatti, però noi non siamo punto amici degli avari e siamo sempre contentissimi, noi ora siamo in familia X persone: 3 fili maschi cioe Pietro, angelo, Faustino; 4 filie Anna, angela, Veronica, Elena; una nuora cioè Rosina, noi vechi e due morti che sarebe una dosina intiera.

Cari frateli, già è molto tempo che noi non si corispondiamo più, non sò di chi sarà la colpa, se siete contenti la ripartiamo metà per uno, io viò scrito molte volte e non ò avuto mai riscontro e per cuesto avevamo cessato anche noi di scrivervi, ora poi se non vi rincresce e che la providenza lo vuole, scriveremo più di frequente dandosi nostre corispondenze.

Per in quanto non ò altro a dirvi solo vi lascio salutandovi caramente unitamente a mio marito e fili e sono per sempre la vostra affezionatissima sorela Zucco Eva e di cuore Adio.

Darete un mare di baci e saluti amia sorela Veronica, e nipoti e nipote, cugnati e cugnate, parenti ed amici, infine tutti queli che ricerca di noi; così pure io che compongo queste poche righe vi partecipo i più distinti saluti che partono dal fondo del cuore e mi dichiaro di essere per sempre il vostro Cugnato Zucco Bortolo e di cuore Adio, ci saluterete molto i miei frateli e sorele con le loro familie e tutti i miei cari parenti, atendo pronta risposta.

Urussanga

Gli emigranti del Longaronese, assieme ad altri delle zone circostanti, hanno dato i natali al comune di Urussanga, nello stato di Santa Catarina, in Brasile, nel lontano 1878 (la data ufficiale è il 26 maggio 1878). Vi giunsero dopo un esodo difficile e penoso, con un lungo trasferimento in Europa fino al porto d’imbarco ed una traversata in mare durata una quarantina di giorni fino alle coste brasiliane. 

Famiglie intere lasciarono i nostri paesi, fuggendo anni di fame e privazioni dovute a una terra arida di risorse e a una situazione politico-economica in lento sviluppo, ma lontana da un esito di sicurezza e stabilità. Essi furono indirizzati dalle autorità brasiliane in una zona lottizzata già dal 1877 dall’ing. Joaquim Vieira Ferreira alla confluenza tra il rio America e il rio Urussanga.

Sorsero così Urussanga Sede (attuale città), Rancho dos Bugres (quattordici famiglie), Rio Maior (diciannove, in massima parte oriunde da Casso), Linha Rio Maior (sei) e São Pedro (dieci). In Urussanga Sede rimasero le famiglie di Pietro Bez Batti, Giovanni Damian, Bonaventura De Bona, Francesco, Domenico e Jacintho De Bridda e Antonio De Cesero.

Durante anni di duro lavoro e sacrifici, la zona è stata trasformata da foresta e boscaglie in fertili campagne ove primeggia la coltivazione della vite (Urussanga è considerata la patria del buon vino). 

Il popolo di Urussanga realizza diverse feste durante l’anno, che attraggono visitatori da tutta la regione. La più tradizionale è la Festa del Vino, realizzata negli anni pari e sempre nella prima quindicina del mese di agosto. Negli anni dispari c’è la Festa del Ritorno alle Origini, sempre nell’ultima settimana di maggio, clou della festa il giorno 26 che è la data di fondazione del comune.

In questa stessa data si commemora lo scambio socio-culturale ed economico (gemellaggio) con Longarone. La comunità dimostra sempre più la coscienza dell’importanza di preservare le sue origini etniche tradizionali, contribuendo significativamente con le manifestazioni culturali promosse dalle numerose associazioni italo-brasiliane nel comune.

(Testo tratto da Longarone Urussanga, gemellaggio; a cura di Arrigo Galli, 2011)

Famiglia Fontanella, emigrati da Longarone a Urussanga. In piedi, da sinistra: Ângelo, Egídio, Isidoro, Jacomo, Hercílio, Adelino, Enrico. Seduti, da sinistra: Elvira, Helena, Joana, João Battista, Maria Bez Fontana Fontanella, Hermínia, Henriqueta.
(Per gentile concessione di Fernando Luigi Padoin Fontanella)

Palestra Itália

Non solo lavoro, tradizioni e religiosità. Gli italiani hanno portato avanti in Brasile anche la propria passione per il calcio. Uno dei tanti esempi è il Palmeiras di San Paolo, compagine tra le più famose del futebol verde-oro, nata come espressione della comunità di emigrati giunti dall’Italia. Non a caso, il nome iniziale del club era Sociedade Esportiva Palestra Itália.

La scintilla da cui prese avvio l’epopea del Palmeiras scattò nel 1914, quando i dirigenti delle Industrie Riunite Matarazzo, dopo aver assistito a una trasferta in Brasile di Torino e Pro Vercelli, ebbero l’idea di dar vita a una squadra. 

La nascita ufficiale è del 26 agosto. Con divisa tricolore (maglia verde con maniche e collo bordati di rosso, e pantaloncini e calzettoni bianchi), Palestra Itália – scrive Enzo Caffarelli nel Dizionario enciclopedico delle migrazioni italiane nel mondo – aveva due obiettivi: «entrare a far parte del calcio “ufficiale” e aggregare intorno a sé la comunità di immigrati, più che mai sensibile dal 1915, con l’entrata in guerra dell’Italia, al richiamo del sentimento nazionale». 

Palestra Itália fu seguita negli stadi da un numero crescente di tifosi italiani in terra paulista provenienti perlopiù dai quartieri periferici…

Dopo le prime partite amichevoli, il debutto in campionato avvenne il 13 maggio 1916 contro l’A.A. Mackenzie College. Fu pareggio 1 a 1. 

Dall’esordio ufficiale, spiega ancora Caffarelli, «Palestra Itália fu seguita negli stadi da un numero crescente di tifosi italiani in terra paulista provenienti perlopiù dai quartieri periferici e popolari di Bixica, Brás e Barra Funda».

La storia della squadra si trasformò radicalmente nel 1942, quando il Brasile entrò in guerra e la comunità italiana soffrì censure e rappresaglie. «Il divieto per ogni ente, scuola, associazione di richiamare l’Italia – sottolinea Caffarelli – impose alla società di cambiare nome e perfino di eliminare uno dei tre colori della divisa (le bordature rosse)». 

Con il nome Sociedade Esportiva Palmeiras, la formazione continuò a scendere in campo nel dopoguerra, conquistando numerosi successi e proseguendo la propria iniziale missione di rappresentare la comunità di oriundi italiani in Brasile. 

«A ricordo dei primi decenni di attività – racconta ancora Caffarelli – lo stadio, al quale si accede dalla avenida Francesco Matarazzo, ha continuato a chiamarsi Palestra Itália; ma, in occasione dei campionati mondiali di calcio in Brasile del 2014, la nuova ristrutturazione ha imposto anche un nuovo battesimo per omaggiare lo sponsor, la compagnia assicuratrice Allianz: e lo storico nome è stato abbandonato in favore del commerciale Allianz Parque».

 

Palestra Itália, 19 giugno 1918.
(APESP – Arquivo Público do Estado de São Paulo – fonte Wikimedia Commons)

Giornate per gli immigrati italiani

Una giornata per celebrare gli immigrati giunti dall’Italia. Lo scorso 21 febbraio il Brasile ha festeggiato il suo “Dia Nacional do Imigrante Italiano”.

La ricorrenza annuale è stata istituita con una legge federale del 2008, con l’obiettivo di rendere omaggio al contributo che l’emigrazione dalla Penisola ha fornito alla cultura, all’economia e al carattere nazionale del Brasile.

Ma perché proprio il 21 febbraio? Il giorno è stato scelto a ricordo del 21 febbraio 1874, data in cui viene fatto risalire il primo sbarco nel Paese sudamericano da parte di emigranti veneti, giunti a Vitoria, nello Stato di Espírito Santo.

Ricorrenze analoghe esistono anche in altre nazioni, terre di approdo dei “nostri” espatriati nei secoli scorsi. In Argentina, per esempio, la realtà in cui risiede la più numerosa comunità italiana all’estero.

Qui, sulla base di una legge del 1995, i festeggiamenti avvengono il 3 giugno, in ricordo della nascita di Manuel Belgrano, figlio di emigrati di Oneglia, divenuto uno dei padri dell’indipendenza argentina e ideatore della bandiera nazionale.

Anche la Repubblica Dominicana rende onore agli emigrati italiani con un’apposita Giornata: è il 5 dicembre, commemorazione del 5 dicembre 1492, quando Cristoforo Colombo arrivò per la prima volta sull’isola di Quisqueya, o isola di Hispaniola, sul cui territorio si trovano Haiti e, appunto, Repubblica Dominicana.

Caxias do Sul, monumento nazionale per l’Immigrato – immagine di Ricardo André Frantz, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=2815236

Centoquarantatré anni fa in Brasile

Erano ventuno famiglie. In tutto, centoquarantuno persone. Provenivano dalle province di Belluno, Vicenza, Treviso e Udine. Esattamente centoquarantatré anni fa, il 6 gennaio 1880 (questa la data ufficiale), fondarono Criciúma, nello Stato di Santa Catarina, una delle prime colonie italiane in Brasile.

«Contrariamente a numerose altre colonie (in particolare quelle del Rio Grande del Sul) – scrive Enzo Caffarelli nel Dizionario enciclopedico delle migrazioni italiane nel mondo – non fu imposto al nuovo centro un toponimo italiano replicato; il nome è quello di una specie di bambù presente nella zona». 

Anche qui, come accadde un po’ in tutte le aree di insediamento degli immigrati italiani, i nuovi arrivati, trovatisi in mezzo al nulla, edificarono case, fecero sorgere strade, costruirono scuole e lavorarono come agricoltori. Dal 1890 contribuì alla crescita della comunità l’arrivo di tedeschi, polacchi e portoghesi.

São Simão, Criciuma, 1928. La famiglia di Antonio Zilli (di Ponte nelle Alpi) e Maddalena Bortoluzzi (di Soverzene). (Archivio Camillo e Patrizia Burigo)

Oggi Criciúma (oltre 190mila abitanti) è una delle più importanti città di Santa Catarina, sede di un’università e di numerose industrie. Rappresenta – rileva ancora Caffarelli nel Dizionario – «il principale centro della cosiddetta Região Metropolitana Carbonifera ed è grande produttrice di ceramiche per l’edilizia, plastiche, prodotti chimici e tessuti». 

Della sua area metropolitana fanno parte alcuni piccoli centri come Urussanga (gemellata con Longarone), Nova Veneza, Siderópolis (fino al 1943 Nova Belluno), Orleans e Araranguá. 

«I centri della cultura criciumense – citiamo ancora dal Dizionario – portano nomi italiani: il Teatro Municipal “Elias Angeloni”, che ospita tra gli altri il Festival Internacional de Corais e il Festival de Ballet Infantil; il Centro Cultural “Jorge Zanatta” con pinacoteca, galleria d’arte, laboratori culturali aperti al pubblico; il Museu de Colonização “Augusto Casagrande”, inaugurato nel 1980 in occasione del centenario della città, un antico edificio tipicamente italiano che accoglie documenti fotografie, arredi e strumenti di lavoro della fine del XIX e degli inizi del XX secolo».

Vie a Criciuma intitolate a discendenti degli emigranti longaronesi. (Archivio Camillo e Patrizia Burigo)

Informazioni tratte dal Dizionario enciclopedico delle migrazioni italiane nel mondo; Roma: SER, ItaliAteneo, Fondazione Migrantes, 2014.