Pompeo Sacchet, il sedicenne espatriato clandestino
Era nato ad Argenta (Ferrara) nel 1891. Il padre, maresciallo dei carabinieri, comandante la stazione della succitata cittadina, giunto al 30° anno di servizio, decise di ritornare al paesello natio e cercare una nuova attività.
Così Pompeo Sacchet, a nove anni, giunse a Cesiomaggiore, paese che non aveva mai visto e dove rimase orfano della madre. Fu inviato a Feltre presso il patronato diocesano, dove terminò le scuole elementari. Dopo di che frequentò i tre anni delle “complementari” a Belluno.
Ritornato a Cesiomaggiore, si trovò a che fare con la matrigna (il padre si era risposato): furono i due anni più tristi della sua vita. Fuggì da casa e con l’aiuto di un carrettiere che lo aveva nascosto nel sacco del foraggio appeso sotto il carro, passò il confine svizzero.
Probabilmente era a conoscenza che parecchi Cesiolini alloggiavano ad Altdorf e lavoravano a Kuber, nei dintorni, in una cava di porfido che trasformavano in cubetti adibiti a vari usi. Fu lì che mio padre, all’età di sedici anni, conobbe i sacrifici dei lavoratori espatriati; ma per fortuna conobbe anche i suoi paesani che lo accolsero come un figlio.
Ed è lì che venne ritratto, con la mazza in mano, in questa spettacolare foto.
Giovanni Sacchet