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Da una foto una storia inedita

Cava del Guber. Bellunesi durante una pausa di lavoro. L’ultimo a destra è Giuseppe Gesiot
Cava del Guber. Bellunesi durante una pausa di lavoro. L’ultimo a destra è Giuseppe Gesiot

Remo Gesiot, oriundo di Cesiomaggiore, vuole farci conoscere una quasi sconosciuta storia di lavoro e di emigrazione, quella della cava di Guber (Alpnach – Obwalden – Svizzera).

Dopo avervi riconosciuto anche lui il padre, il sig. Gesiot ci ha consegnato un interessantissimo giornalino (in tedesco e italiano) che ci racconta la storia della cava e come da essa sia nata, da parte degli “ex della Guber” – discendenti degli scalpellini emigrati – la volontà di tener viva la memoria della miniera e di quanti vi lavorarono. Si realizzò così, nel luglio 2000, la prima festa del Guber, che riunì alcune centinaia di persone, di diverse generazioni, con la messa e la presenza del vecchio prete del Guber, venuto appositamente da Assisi, e i balli e i canti del gruppo folk di Cesiomaggiore, festa che si ripeté nel 2010. Ma gli “Amici del Guber” hanno realizzato altre iniziative, aprendo al pubblico il “Sentiero dei Cavatori” e la “Piazzetta dell’Emigrante”. Nel centenario (2004) incontro degli ex operai nella cava e intrattenimento culinario e musicale. Tra i promotori di queste attività Vittorino De Col, Elio De Col, Carlo Colmenet, Daniel Stocker, Roland Vallata e, appunto, Remo Gesiot.

Cavatori e scalpellini , tra cui alcuni bellunesi, nella cava del Guber
Cavatori e scalpellini , tra cui alcuni bellunesi, nella cava del Guber

In questi incontri sono riaffiorati bellissimi ricordi: “Noi, nipoti dei primi scalpellini emigrati, eravamo pienamente integrati e ci sentivamo come i nativi. Andavamo a scuola in paese e consumavamo il pasto insieme agli altri scolari… L’infanzia al Guber era molto bella: eravamo una grande famiglia, festeggiavamo insieme e condividevamo ogni evento. Al Guber non eravamo mai soli, c’era sempre qualche madre che aveva tempo per noi. La domenica veniva celebrata la messa, dopo si giocava a bocce, si chiacchierava, si mangiava e beveva , si giocava a briscola o a pallone (…). Finita la scuola molti di noi furono costretti a lasciare il Guber per andare ad abitare in città o in un altro paese… poi, negli anni ci siamo sposati e messo su famiglia, ma continuando a mantenere stretto contatto con Alpnach (…)”.

Cava del Guber
Cava del Guber

La storia della cava, aperta nel 1904, ha conosciuto alti e bassi. Occupava fino a 200 scalpellini, che lavoravano a cottimo, avendo a disposizione ogni giorno un metro cubo di pietre grezze. Molti gli emigrati bellunesi, specialmente di Cesiomaggiore, venuti soprattutto nel secondo dopoguerra, alcuni di loro figli o nipoti di quanti vi avevano già lavorato. Purtroppo anche qui ci furono vittime della silicosi.

Guber è ancora attiva, vi si estraggono annualmente dalle 25 alle 30.000 tonnellate di pietra, di cui buona parte sono lavorate per selciati. La cava ha portato lavoro e benessere ad Alpnach e alla zona. Gli italiani vi hanno dato un’impronta con i loro costumi, la loro cucina, e non pochi hanno sposato donne del luogo. Varie vi sono state le iniziative culturali, sportive, ricreative. E da sempre i cittadini di Alpnach esprimono il loro grazie “a tutti gli italiani del Guber”.

Gioachino Bratti

Pompeo Sacchet, il sedicenne espatriato clandestino

Pompeo Sacchet

Era nato ad Argenta (Ferrara) nel 1891. Il padre, maresciallo dei carabinieri, comandante la stazione della succitata cittadina, giunto al 30° anno di servizio, decise di ritornare al paesello natio e cercare una nuova attività.

Così Pompeo Sacchet, a nove anni, giunse a Cesiomaggiore, paese che non aveva mai visto e dove rimase orfano della madre. Fu inviato a Feltre presso il patronato diocesano, dove terminò le scuole elementari. Dopo di che frequentò i tre anni delle “complementari” a Belluno.

Ritornato a Cesiomaggiore, si trovò a che fare con la matrigna (il padre si era risposato): furono i due anni più tristi della sua vita. Fuggì da casa e con l’aiuto di un carrettiere che lo aveva nascosto nel sacco del foraggio appeso sotto il carro, passò il confine svizzero.

Probabilmente era a conoscenza che parecchi Cesiolini alloggiavano ad Altdorf e lavoravano a Kuber, nei dintorni, in una cava di porfido che trasformavano in cubetti adibiti a vari usi. Fu lì che mio padre, all’età di sedici anni, conobbe i sacrifici dei lavoratori espatriati; ma per fortuna conobbe anche i suoi paesani che lo accolsero come un figlio.

Ed è lì che venne ritratto, con la mazza in mano, in questa spettacolare foto.

Giovanni Sacchet

Umberto Lisot

Nella foto Mario, Umberto
e Alvimar Luiz Lisot nella vecchia corte di Can
Mario, Umberto
e Alvimar Luiz Lisot nella vecchia corte di Can

Nacque a Can di Cesiomaggiore (BL), il 2-6-1943, da famiglia contadina. Trascorse un’infanzia felice, in mezzo alla natura, dove venivano coltivati i più svariati prodotti della terra. All’età di nove anni si trasferì a Villa di Pria – Santa Giustina , dove la famiglia acquistò un’estesa fattoria, completa di frutteto, vigneto e bosco. Il padre desiderava che rimanesse a lavorare la terra assieme al fratello, ma Umberto capì presto che non sarebbe stata la sua professione, per cui, volendo specializzarsi, andò a frequentare, presso il rinomato I.T.I. “Segato” di Belluno, il corso serale di meccanica per due anni e, successivamente, per tornitore per altri due anni. Nel frattempo lavorava come apprendista presso la ditta Corona Giampaolo a Bettin di Salce, dove venivano costruite macchine segatronchi, squadratrici ed affilatavole. Per i primi tre mesi, essendo apprendista, non percepiva stipendio ed era tenuto ad eseguire i lavori più umili, compresa la mansione di scaldare le vivande portate da casa dai singoli operai e, al sabato, la pulizia della mensa, dei capannoni e di tutti i servizi igienici. Al momento della doccia, per lui, c’era solo acqua fredda. Finalmente percepì il primo stipendio di 3.000 lire (2.000 servivano per il viaggio).
Nel 1962, completati i corsi serali, si trasferì ad Aarau (Canton Argovia), Svizzera, dove trovò subito lavoro come operaio specializzato presso la ditta Kern (oltre 1.300 dipendenti) che costruiva strumenti ottici meccanici di precisione (livelli, teodoliti,teodoliti astronomici, macchine topografiche, strumenti militari, cannocchiali, binocoli, microscopi, compassi ed altro ancora).

Il primo impatto fu duro, per la richiesta di alta precisione e per la difficoltà di traduzione, dal tedesco, delle fasi di lavorazione. Per questo frequentò un corso di tedesco e la situazione, ben presto, migliorò. Si fece subito apprezzare dai superiori, per cui gli venivano commissionate lavorazioni specialistiche di prototipi.

Nel 1967 si sposò con Ester Casagrande che partì per la Svizzera assieme a lui subito dopo il matrimonio e che venne assunta dalla stessa ditta Kern.Nel 1968 tornì gli obiettivi per la NASA, che stava preparando la spedizione sulla luna (Apollo 9) ed in seguito gliene vennero commissionati altri, fino all’Apollo 15. Inoltre lavorò alcuni prototipi anche per l’esercito russo.

Il 1969 fu un anno da ricordare: la nascita del figlio Marco, lo sbarco sulla luna ed i 150 anni di attività della ditta Kern.
Nel 1970 ci fu la svolta e venne assunto come impiegato con la mansione di tecnico di controllo volante: doveva seguire tutte le fasi di lavorazione, fino al montaggio. La stima era reciproca e al sabato mattina, nel reparto degli apprendisti, poteva utilizzare i macchinari per costruirsi vari strumenti: dei cannocchiali, un binocolo, un telescopio, una lampada, dei soprammobili ed un orologio a muro.

Gli anni trascorsi in Svizzera furono molto belli e con tante soddisfazioni, ma c’era il desiderio di tornare in Italia. Nel 1973 nacque il secondogenito Luca e, quando egli aveva solo sette mesi, la moglie partì, con i due figli, per l’Italia e, nel 1975, anche Umberto ritornò al paese, dove subito trovò lavoro presso l’allora Zanussi di Mel, con la mansione di caposquadra, fino alla pensione.

Gli è rimasto l’amore per la natura: cura un piccolo frutteto ed ha mantenuto l’hobby di apicoltore e di tecnico apistico.

Umberto Lisot. Nel 1968 tornì gli obbiettivi per la Nasa

Al centro Umberto Lisot
Mario, Umberto e Alvimar Luiz Lisot nella vecchia corte di Can

Nacque a Can di Cesiomaggiore (BL), il 2-6-1943, da famiglia contadina. Trascorse un’infanzia felice, in mezzo alla natura, dove venivano coltivati i più svariati prodotti della terra. All’età di nove anni si trasferì a Villa di Pria – Santa Giustina , dove la famiglia acquistò un’estesa fattoria, completa di frutteto, vigneto e bosco. Il padre desiderava che rimanesse a lavorare la terra assieme al fratello, ma Umberto capì presto che non sarebbe stata la sua professione, per cui, volendo specializzarsi, andò a frequentare, presso il rinomato I.T.I. “Segato” di Belluno, il corso serale di meccanica per due anni e, successivamente, per tornitore per altri due anni. Nel frattempo lavorava come apprendista presso la ditta Corona Giampaolo a Bettin di Salce, dove venivano costruite macchine segatronchi, squadratrici ed affilatavole. Per i primi tre mesi, essendo apprendista, non percepiva stipendio ed era tenuto ad eseguire i lavori più umili, compresa la mansione di scaldare le vivande portate da casa dai singoli operai e, al sabato, la pulizia della mensa, dei capannoni e di tutti i servizi igienici. Al momento della doccia, per lui, c’era solo acqua fredda. Finalmente percepì il primo stipendio di 3.000 lire (2.000 servivano per il viaggio).
Nel 1962, completati i corsi serali, si trasferì ad Aarau (Canton Argovia), Svizzera, dove trovò subito lavoro come operaio specializzato presso la ditta Kern (oltre 1.300 dipendenti) che costruiva strumenti ottici meccanici di precisione (livelli, teodoliti,teodoliti astronomici, macchine topografiche, strumenti militari, cannocchiali, binocoli, microscopi, compassi ed altro ancora).
Il primo impatto fu duro, per la richiesta di alta precisione e per la difficoltà di traduzione, dal tedesco, delle fasi di lavorazione. Per questo frequentò un corso di tedesco e la situazione, ben presto, migliorò. Si fece subito apprezzare dai superiori, per cui gli venivano commissionate lavorazioni specialistiche di prototipi.

Nel 1967 si sposò con Ester Casagrande che partì per la Svizzera assieme a lui subito dopo il matrimonio e che venne assunta dalla stessa ditta Kern.Nel 1968 tornì gli obiettivi per la NASA, che stava preparando la spedizione sulla luna (Apollo 9) ed in seguito gliene vennero commissionati altri, fino all’Apollo 15. Inoltre lavorò alcuni prototipi anche per l’esercito russo.

Il 1969 fu un anno da ricordare: la nascita del figlio Marco, lo sbarco sulla luna ed i 150 anni di attività della ditta Kern.
Nel 1970 ci fu la svolta e venne assunto come impiegato con la mansione di tecnico di controllo volante: doveva seguire tutte le fasi di lavorazione, fino al montaggio. La stima era reciproca e al sabato mattina, nel reparto degli apprendisti, poteva utilizzare i macchinari per costruirsi vari strumenti: dei cannocchiali, un binocolo, un telescopio, una lampada, dei soprammobili ed un orologio a muro.
Gli anni trascorsi in Svizzera furono molto belli e con tante soddisfazioni, ma c’era il desiderio di tornare in Italia. Nel 1973 nacque il secondogenito Luca e, quando egli aveva solo sette mesi, la moglie partì, con i due figli, per l’Italia e, nel 1975, anche Umberto ritornò al paese, dove subito trovò lavoro presso l’allora Zanussi di Mel, con la mansione di caposquadra, fino alla pensione.
Gli è rimasto l’amore per la natura: cura un piccolo frutteto ed ha mantenuto l’hobby di apicoltore e di tecnico apistico.