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Beniamino Bez

primo piano di Beniamino Bez

Nacque a Igne di Longarone il 6 luglio 1916. Si sposò con Giuseppina Doriguzzi, insegnante di Danta di Cadore; non ebbero figli. Dopo l’esperienza di autotrasportatore in Africa Orientale negli anni ‘35-36, tornò in Italia e rimise in piedi con gli zii un’identica attività di autotrasportatori. Nel 1949 il richiamo dell’Argentina, Paese che pareva offrire le più facili possibilità di inserviente. Beniamino s’imbarcò a Genova con la moglie e tanti altri amici cadorini; era il 19 marzo 1949 ed il viaggio durò fino all’8 aprile. Lavorò come muratore e poi come autista esperto guidatore di camion pesanti. Infine, l’incontro fortuito con un amico, Annibale Soravia di Venas ed il coinvolgimento del cugino Leonardo Bez, lo fece entrare nel mondo del gelato. Con la Heladeria “Los Alpes” e la Heladeria “Rancho alpino”, Beniamino e Giuseppina si sentirono orgogliosi di essere tra i primi longaronesi-cadorini gelatieri di Buenos Aires. Messisi in proprio si affermarono a durissimi sacrifici, grandi soddisfazioni e tanti bei ricordi. Tornato a Belluno, Beniamino fu un personaggio di spicco del volontariato. Lo ricordiamo negli anni ‘70-80 come presidente degli ex allievi salesiani e della Conferenza S. Vincenzo de Paoli di Mussoi, come volontario dell’Unitalsi e componente del gruppo dei Focolari. È deceduto a Belluno il 3 ottobre 2009.

Fonte: BNM n.6/2010

Giovanni Maria De Vido Perute

Giovanni Maria De Vido Perute, detto familiarmente Biote, era originario di San Vito di Cadore, che lasciò nel 1924 per cercare fortuna al di là dell’Oceano, in Argentina. Si stabilì a Formosa, dove fondò una impresa di costruzioni che ben presto divenne famosa in tutta la regione per la serietà e la celerità con la quale conduceva in porto impegnative opere pubbliche e private. Via via, coadiuvato dai figli e da altri fratelli e cognati che, alla spicciolata, lo raggiunsero, Biote diede corpo ad un notevole complesso industriale. Si meritò nel 1971 la onoreficenza dell’Ordine della “Solidarietà Italiana”. Dopo l’ultimo conflitto fece parecchie volte la trasvolata dal Sud America al Cadore, verso cui si sentiva sempre attratto dai ricordì di gioventù e dall’ospitalità senza riserve che parenti ed amici gli riservavano a ogni suo arrivo. Cordiale e semplce, era una persona ricca di umanità accattivante. È morto a 71 anni nella sua terra natale, San Vito, dove riposa nel cimitero locale.

Fonte: BNM n. 7/1974

Vittorio e Rosina Dal Farra

Vittorio Dal Farra e Rosina Tormen si sposarono l’8 gennaio 1921 nella chiesetta alpina di Castion di Belluno. Dal loro matrimonio nacquero i figli Ugo, Ettore, Guido, Gino, Armando e Maria. Scarseggiando il lavoro, Vittorio decise di accettare impieghi che lo costrinsero ad emigrare prima in Francia e poi in Svizzera. Poi un bel giorno decise di emigrare in Argentina: era il 1931. Arrivò a Bariloche. La sua situazione migliorò piano piano, tanto che decise di chiamare i suoi, ma una notizia sconvolse il mondo: lo scoppiare del secondo conflitto mondiale. Fu un colpo duro anche perché i suoi figli dovettero accorrere a difendere la Patria, così come aveva fatto lui anni prima. Le notizie in Argentina tardavano ad arrivare e così Vittorio stava con la morte nel cuore pensando ai bombardamenti, ai saccheggi, ai rastrellamenti. Furono giorni di angoscia anche per Rosina, con il marito lontano ed i figli al fronte. Quando la guerra finì, una sera attorno al focolare, Rosina comunicò alla famiglia la grande notizia: “Andremo tutti in Argentina per riunirci”. Situazioni economiche non proprio rosee impedirono il viaggio di tutti e così si scelse la forma “per tappe”: due o tre alla volta. E così un giorno Vittorio vide arrivare Ugo e Guido. Più tardi giunsero Ettore, Gino, Maria e Rosina. In Italia rimase solamente Armando che stava svolgendo il servizio militare. Quando poi giunse a Bariloche, Armando non riuscì a riconoscere il suo papà, dato che erano passati tanti anni da che non lo vedeva. Il 10 gennaio 1971 Vittorio e Rosina festeggiarono i 50 anni di matrimonio, attorniati dai figli e dai nipoti. 

Fonte: BNM n.2/1971

Giovanni Giuseppe De Toffol

Anni 1920 - Giovanni Giuseppe De Toffol con il nipote Giuseppe Orzes
Anni 1920 – Giovanni Giuseppe De Toffol con il nipote Giuseppe Orzes

Non ho conosciuto mio nonno materno, un bellunese nel mondo nato più di 150 anni fa e precisamente il 9 luglio 1862, quando il Veneto era ancora sotto l’Austria. È nato nel comune di Belluno, sembra a Nogarè, paese che allora faceva parrocchia a sé stante, in seguito conglobata in quella di Cusighe. Poiché l’archivio storico della parrocchia di Cusighe è stato distrutto da un incendio, non si hanno notizie riguardanti la sua famiglia d’origine. Dal documento anagrafico risulta che il nome del nonno fosse Giovanni, ma mia madre ce lo ricordava col nome di Giuseppe, come del resto viene indicato nella lapide della sua tomba di famiglia ancora esistente nel cimitero di Cusighe. Egli aveva sposato una giovane del suo paese, Maria Da Ros, ed andarono ad abitare in una baracca di legno a Sargnano. Hanno avuto sette figli, di cui una, Amabile, è morta a quattro mesi ed è stata ricordata nel nome dalla sorellina nata dopo la sua morte.

Il nonno lavorava da scalpellino. Per un periodo ha prestato la sua opera a Sospirolo, dove si recava a piedi da Sargnano. Nei primi anni del 1900 è emigrato due volte in America, una volta in Argentina e una in Columbia. Mia madre ci raccontava che con una certa regolarità gli veniva inviato un giornale sul quale la nonna, punteggiando con uno spillo le lettere delle parole degli articoli, gli componeva il testo di una lettera. In questo modo, oltre alle notizie del giornale, egli aveva anche quelle della sua famiglia evitando per queste ultime la spesa del francobollo.

Anni ’30 - Sargnano, Belluno - da sinistra Teresa - sposata in D’Incà - e Angela De Toffol - rimasta nubile. Angela ha gestito fino alla sua morte l’osteria “Le bionde” di Sargnano
Anni ’30 – Sargnano, Belluno – da sinistra Teresa – sposata in D’Incà – e Angela De Toffol – rimasta nubile. Angela ha gestito fino alla sua morte l’osteria “Le bionde” di Sargnano

Intorno al 1910 i nonni si sono costruiti la casa a Sargnano usando sassi e sabbia trasportati dal Piave, soprattutto dalle figlie. Nel loro solaio per qualche tempo hanno ospitato gratuitamente gli alunni della scuola elementare. Di salda fede socialista, il nonno in quegli anni si è adoperato perché venisse costruita la scuola di Fiammoi e, affinché fosse raggiunto il numero di frequentanti necessario per l’istituzione delle classi 4^ e 5^, ha iscritto anche le sue figlie che già avevano superato l’età per quella frequenza. Nel 1916 è morta la nonna, privandolo di un grande sostegno. Verso gli anni ’30, coadiuvato dalle quattro figlie che gli erano rimaste, ha aperto l’osteria che proprio da loro ha preso il nome: “Le bionde”.

Il 2 febbraio 1933 il nonno è morto. Durante la sua agonia sulla strada che fiancheggia la sua casa è stata sparsa della paglia per evitare che egli venisse disturbato dal passaggio dei carri.

L’epigrafe che annunciò la morte del nonno di Teresa d’Incà
L’epigrafe che annunciò la morte del nonno di Teresa d’Incà

Il nonno è stata una persona stimata: lo dimostra anche l’epigrafe funeraria che una cinquantina di amici e conoscenti hanno fatto stampare in occasione della sua morte.

Mia madre ci descriveva entrambi i nonni come persone di una certa levatura sociale e culturale; per quanto riguarda il nonno lo testimoniano anche alcune frasi vergate da lui con calligrafia elegante sul retro di una fotografia che gli è stata scattata intorno agli anni ’20 mentre era insieme al suo primo nipote. Questo è il testo: domenica 19 … “Il giorno del sole”.

Occorre un certo stacco con la vita di tutti i giorni e bisogna ornare il cuore” – “La decrepitudine del corpo è saggia. 31 luglio 1888” (non so a che cosa si riferisce questa data).

Penso che non sia possibile che qualcuno ricordi il nonno avendolo conosciuto personalmente. Certamente invece qualcuno, soprattutto della zona dell’Oltrardo, ricorderà qualcuna delle sue figlie, in particolare Angela, la maggiore, che ha gestito, fino alla sua morte, l’osteria “Le Bionde”, tuttora esistente.

Ringrazio “Bellunesi nel Mondo” per l’opportunità che mi è stata data di rivisitare attraverso le scarne notizie di cui sono in possesso la figura di questo mio nonno che avrei avuto tanto piacere di conoscere di persona.

La nipote, Teresa Maria D’Incà

La straordinaria storia delle famiglie Larese Roia e Pais De Libera

La famiglia Becher in Argentina

Il 16 marzo 2013 si sono incontrati in una antica casa appena fuori Buenos Aires i numerosi discendenti delle famiglie di Antonio e Valentino Larese Roia e Pais De Libera, per ricevere dalle mani di Gianni Pais Becher venuto da Auronzo, una foto scattata nella capitale dell’Argentina nel lontano maggio 1906 e inviata in varie copie ai famigliari rimasti in Cadore.

Una foto che aveva attraversato ancora una volta l’oceano Atlantico per ricordare le sembianze ormai dimenticate dei loro antenati che dopo la metà del 1800 avevano lasciato per sempre le crode delle Dolomiti ed il loro paese natio, per cercare in Argentina di costruire una vita migliore.
Antonio era riuscito ad aprire una libreria in pieno centro di Buenos Aires, vicino alla Casa Rosada. Una libreria frequentata dal fior fiore della cultura argentina, ed una sua figlia ebbe come padrino un Presidente della Repubblica dell’epoca. Valentino aveva sposato una compaesana, Maria Antonia Pais De Libera, ed il nipote Agostino Giuseppe era convolato a nozze con Rosaria Pais Marden.

L'incontro del 13 marzo 2013

Avevano deciso di fare quella foto per inviarla ai famigliari rimasti ad Auronzo, per far conoscere i visi dei figli e nipoti sconosciuti in Patria. La commozione era visibile sul viso di tutti, anziani e giovani quando rigiravano tra le mani la foto, cercando di riconoscere chi il bisnonno o la nonna, chi il proprio padre che allora era ancora un bambino.

Non avevano nel loro archivio una foto di quell’epoca e discutevano tra loro per riconoscere chi fosse questo o quello.
Alla fine si trovarono tutti concordi, i loro antenati tenevano un volto ed un nome e le lacrime rigavano il viso di molti.

Gli abbracci ed i ringraziamenti a Gianni, i brindisi alla foto tornata a casa e al neo eletto cardinale Bergoglio a Papa Francesco.

Le foto di gruppo vengono fatte mentre tutti anche i più piccini gridano ¨Auronzooo!!!”.

Programmano per il futuro di imbarcarsi su una nave e raggiungere Venezia per poi visitare tutta la Provincia di Belluno.

Antonio, Valentino, Giuseppe, Maria Antonia sembrano sorridere felici… sembra… che sia il vino, o sorridono davvero?

Gianni Pais Becher